È stata ascoltata per due ore e mezzo dai magistrati la deputata di Italia Viva Giuseppina Occhionero, convocata dalla Dda di Palermo che lunedì ha arrestato il suo ex collaboratore parlamentare Antonello Nicosia con l’accusa di associazione mafiosa.
Secondo indiscrezioni riportate dall’Ansa, la deputata di Campomarino, sentita come persona informata sui fatti, era molto provata.
Uscendo dalla stanza della pm Francesca Dessì, la parlamentare ha affermato solo: «Ho detto tutto quello che c’era da dire». A chiederle dei mesi in cui Nicosia è stato suo assistente e in cui insieme hanno visitato carceri e incontrato detenuti, anche l’aggiunto Paolo Guido e il pm Geri Ferrara.
Occhionero non è indagata ma in procura, intorno alle 16 di ieri, è arrivata comunque accompagnata dall’avvocato siciliano Giovanni Bruno.
Poco dopo il termine della deposizione, le indiscrezioni sul lungo incontro con i magistrati battute sempre dall’agenzia Ansa: «Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto. Mi sono fidata di lui». Così si sarebbe giustificata, nel corso di un interrogatorio a tratti drammatico, la deputata di Campomarino. «Mi era stato presentato dai Radicali, veniva dal mondo dell’associazionismo, si diceva difensore dei diritti dei detenuti», ha aggiunto.
«L’ho conosciuto così e poi, anche in virtù del rapporto personale che si era creato, mi sono fidata ciecamente», ha spiegato ai pubblici ministeri. Che le hanno chiesto come abbia potuto assumere come collaboratore un uomo che aveva avuto una condanna a 10 anni per traffico di droga. Lei ha risposto: «Alla Camera non c’è alcun controllo, perché avrei dovuto fare controlli io?». Però a un certo punto, insospettita, avrebbe cominciato a dubitare del curriculum di Nicosia, sedicente insegnate di storia della mafia negli Usa, e i rapporti tra i due si sarebbero rovinati.
L’ex collaboratore, oltre a progettare estorsioni e omicidi col capomafia di Sciacca Accursio Dimino, approfittava del suo ruolo per entrare nelle carceri di massima sicurezza e incontrare boss mafiosi detenuti veicolando all’esterno informazioni sugli istituti di pena, interessandosi a vicende personali di capimafia come Filippo Guttadauro, cognato del boss Matteo Messina Denaro, e informandosi su eventuali intenzioni dei mafiosi di collaborare con la giustizia.
A maggio, il contratto si è interrotto. I rapporti, anche prima. Restano di quei mesi le interrogazioni prodotte dalla parlamentare dopo le visite ai penitenziari. E intercettazioni tutte da chiarire. Il riferimento, nelle loro conversazioni, a «San Matteo», il boss dei boss Messina Denaro, che Nicosia definiva anche «il primo ministro». Restano quelle frasi shock, pronunciate non con Occhionero ma con suoi sodali, su Falcone e Borsellino che sarebbero morti per un «incidente sul lavoro».
ppm

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