Antica ambizione del Molise, la revisione dei criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale è entrata nell’agenda del ministro della Salute. Se si passa dalle parole ai fatti – è una buona notizia che vale la pena sottolineare soprattutto perché ultimamente per la sanità regionale abbondano le cattive – proprio in Molise si potrebbe già testare un modello migliore. Per dirla con gli informatici, l’applicativo qui c’è: voluto dall’ex direttore generale Gennaro Sosto, posiziona la ‘sua’ Asrem davanti a realtà che hanno fama di essere virtuose.

Garantire i servizi sanitari costa. Non in tutte le Regioni costa allo stesso modo. Anni fa, ricordava questa estate l’ex assessore alla Sanità Giuseppe Astore, la discussione con l’allora governatore lombardo Formigoni era di questo tenore. Astore gli chiedeva: «A te quanto costa garantire i servizi nelle Prealpi?». Formigoni ammetteva: «Di più che nel resto della Lombardia». Considera che il Molise è tutto Prealpi, gli ribatteva il combattivo assessore.
Rispetto a quegli anni, il Fondo viene ripartito in base alla popolazione ‘pesata’, evoluzione che perlopiù tiene conto di dati anagrafici. Siamo comunque lontani da un riparto equo, che finanzi il reale fabbisogno di una regione in base alle caratteristiche – non solo orografiche né solo anagrafiche ma anche per esempio epidemiologiche e cliniche – dei suoi residenti.
Nel recente passato si è discusso, a livello nazionale, dell’opportunità di introdurre – all’atto del riparto – il coefficiente di deprivazione per consentire una più equa distribuzione delle risorse, tenendo conto dei problemi delle regioni più povere e con maggior tasso di mobilità sanitaria. La proposta è ancora in fase di studio.

Ma cosa ha detto Roberto Speranza? In audizione in Parlamento ha sottolineato la necessità di riformare i criteri di riparto e spiegato come «rivedere il sistema di allocazione delle risorse e allineare il processo di individuazione e quantificazione delle risorse del fabbisogno del servizio sanitario nazionale alla normativa vigente» richieda «l’elaborazione di una complessa mole di dati centrati sull’individuo in grado di alimentare indicatori al fine di calcolare un livello di fabbisogno regionale direttamente collegabile all’eterogeneità della popolazione e dei suoi bisogni reali».
Anche la bozza del nuovo Patto per la Salute, che dovrebbe essere siglato entro il 31 dicembre, prevede lo sviluppo di «strumenti informativi e modelli previsionali (…) che, tramite la capacità di analisi dei principali trend in atto, della evoluzione del fabbisogno di salute della popolazione (…) possano supportare le scelte di programmazione sanitaria e la corretta distribuzione delle risorse».
In parole più semplici, per distribuire meglio le risorse nazionali bisogna sapere in maniera scientifica di che tipo di assistenza sanitaria ha bisogno una popolazione. Il Molise è pronto perché l’Asrem lo sa. La mappatura realizzata ha infatti elaborato le informazioni anagrafiche e diagnostiche degli assistiti, catalogando fra gli altri i dati delle dimissioni ospedaliere e dell’assistenza domiciliare.
Si chiama tecnicamente Population Health Management e consente di governare la domanda, prima ancora che l’offerta, di salute. Dallo studio condotto dall’azienda sanitaria di via Petrella sui suoi assistiti, a grandi linee, risulta che la popolazione molisana si stratifica prevalentemente sulle patologie croniche a bassa severità. Assistere un malato cronico è più oneroso che gestire patologie acute, trattate negli ospedali per capirci. Evidente come questa sia una base utile e innovativa per calcolare, come ha detto Speranza, un livello di fabbisogno regionale collegabile ai bisogni reali della popolazione.

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