Dopo la seduta si dice soddisfatto dell’interlocuzione col Consiglio regionale. E minimizza quell’accusa risuonata forte e chiara in Aula. «Appartiene al passato, adesso lavoriamo per fare qualcosa di buono per il Molise», smussa gli angoli il commissario della sanità.
Un paio di ore prima nella sua relazione – Toma era già uscito per partecipare alla videoconferenza con la commissione Salute del Cinsedo – Angelo Giustini aveva raccontato la sua verità sul fallimento del tentativo di portare nei reparti molisani i medici militari: «Si recarono a Roma il presidente e l’assessore Mazzuto a chiedere la mia testa!». Non solo, «furono offese le forze armate e quelle di polizia, colpita la dignità delle istituzioni».
Ai medici militari si arrivò dopo altri tentativi arenati per i no di Roma: no ai medici pensionati, no alle società esterne. Intanto la situazione nei reparti era (ed è) drammatica. I responsabili di Ortopedia comunicavano chiusure necessitate, senza rinforzi. L’estate era alle porte. Giustini ha ribadito che del percorso della sanità militare era stato informato Toma ed era d’accordo. Quindi, lui andò a Roma per concretizzare, trovò massima disponibilità nell’ex ministro Trenta. Gli ufficiali sarebbero costati vitto e alloggio, qualche rimborso. Poi il polverone, che il generale della Finanza riconduce alla politica locale. Quale fu la soluzione? Ortopedici dal Lazio e da Andria a 700 euro a notte per dare respiro a quelli di Isernia e Termoli.
Prestazioni aggiuntive, comunque, che appesantiscono il bilancio della sanità. Sessanta milioni il disavanzo tendenziale 2019. Di quanto emerso all’ultimo tavolo tecnico, però, nessuno ha domandato a Giustini. La cifra è la stessa delle mancate premialità che dal 2015 il Molise non ha maturato. Gli adempimenti del programma straordinario di Frattura sono 109, 85 quelli portati a termine al 31 dicembre 2018. Le premialità valgono 15 milioni annui, dal 2015 al 2018 fanno 60. Che non vanno persi. Se nel 2019 gli adempimenti venissero portati a termine, scatterebbero quelle premialità. Anche su questo, nessuna domanda ai commissari che proprio da un anno sono responsabili di completare l’attuazione del Pos 15-18 (il decreto che li nomina in questo è chiaro).
Altri 8 milioni destinati al Molise per il 2018 sono in stand-by: è l’ultima tranche dello stanziamento della finanziaria 2014 di Renzi. Fermi perché, ha spiegato Giustini, fra le altre cose il trasferimento della fiscalità non era completo.
Capitolo fiscalità, quello che al commissario vale la promozione dei 5 Stelle. A tutt’oggi, ha snocciolato Giustini, mancano al conto sanità 27.4 milioni di tasse pagate dai molisani: 4.2 per il 2015, 6.4 e 6.3 per 2016 e 2017, 10.6 per il 2018. Se dal conto si sottraggono gli 11 milioni del 2019 (introiti fiscali), si arriva a 16 o poco più da trasferire. Sul punto, dopo la riunione, il presidente Toma ha riferito che si tratta sempre della rata del mutuo del 2007. Si annuncia l’ennesima battaglia, la prima sui 4.2 milioni del 2018 è finita alla Corte dei conti. La manovra approvata dal Consiglio di recente, ha precisato invece in Aula il commissario, copre parte del disavanzo e le risorse non sono ancora in cassa.
Un anno difficile, insomma. Come benvenuto, Giustini fu additato come responsabile del mancato rinnovo del contributo per i dializzati della provincia di Isernia: risalente a ottobre, mentre lui si insediò a fine dicembre. La cosa è finita in Procura, a cui il generale si è rivolto, e con la consigliera Calenda che si era occupata della cosa è stata subito maretta.
Poi, «cosa gravissima», il mancato trasferimento dei soldi delle tasse emerso (per i neo commissari) al tavolo di aprile, l’emergenza personale, «una situazione drammatica», i no di Roma, la guerra della politica locale.
Nulla si può addebitare a questa struttura commissariale, ha detto alla fine del suo intervento Giustini. La fotografia che ha offerto al Consiglio, a suo parere, lo dimostra. Anche perché, ha ammesso, «noi da soli non decidiamo nulla, dal primo all’ultimo dei nostri decreti sono autorizzati da Roma».

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Il sub commissario conferma le indiscrezioni sul piano: priorità a Balduzzi e criteri di sicurezza

Ida Grossi ha diretto per decenni le Asl. Da direttore sanitario, poi dg. Oggi è sub commissario. Ragioniere, l’hanno accusata senza mezzi termini dalla maggioranza di centrodestra e anche dal Pd. Lei non si scompone. Sa stare nel suo ruolo.
Il piano operativo, dice dandone solo le linee generali, è la prosecuzione di quello 15-18. «Sono state accolte osservazioni del ‘tavolo Dm 70’ e fatte considerazioni sulle risorse a nostra disposizione». Dm 70 è il decreto Balduzzi, e la Grossi ripete più e più volte che i «volumi» che richiede non sono anagrafici, ma interventi che si realizzano in un anno e garantiscono sicurezza. Volumi che non fa il basso Molise, l’area che soffre di più la mobilità passiva. Il conto dei molisani che si curano fuori, anche per patologie poco complesse, è salito dai 51 milioni del 2012 agli 80 del 2018. Cifra spaventosa, Iorio dirà nel suo intervento: se la dimezzassimo chiuderemmo il disavanzo.
Ha fatto i conti con tutto questo, la struttura commissariale nell’elaborazione del Po e con gli uomini (pochi) a disposizione. Un punto che la sub ritiene qualificante è quello delle equipe che si spostano – per esempio per la chirurgia – da una struttura all’altra, evitando trasferte ai pazienti.
In generale, l’impianto resta: un hub e due spoke. «Se dovessimo pensare a un’offerta molto vicina alla teoria potremmo dire: un solo ospedale potrebbe bastare, considerando anche l’offerta del privato. Ma prendiamo atto della realtà», ragiona l’ex dg oggi commissario. L’orografia, le strade sconnesse. Attenzione particolare all’emergenza vuol dire che le postazioni del 118 sono 16. E poi elisoccorso da potenziare, lo ribadisce. Magari pensando a convenzioni con Puglia e Lazio, se più efficaci, invece che come attualmente con l’Abruzzo. Sulle reti tempo dipendenti invece ribalta il concetto: «Non è che si esportano i malati, al contrario. Non si lasciano soli nel cercare soccorso». Si riferisce agli accordi con Puglia e Campania per ictus e politraumi che saranno curati agli Ospedali Riuniti di Foggia, al Rummo di Benevento e al Cardarelli di Napoli. Accordi non semplici. Lo ammette più avanti nel dibattito, rispondendo alle domande di numerosi consiglieri. Perché le Regioni hanno gli stessi interessi e quindi contrastanti. Col nuovo Patto per la salute pare sarà prevista una sorta di interposizione del Ministero a garanzia dell’arrivo in porto delle intese fin qui ferme.
Deroghe al Balduzzi, Neurochirurgia al Cardarelli di Campobasso, punti di primo intervento a Larino e Venafro, Agnone ospedale di area disagiata: queste le principali richieste rivolte alla sub. Lei non si impegna, non può. Il piano, dice, «è veramente ancora al vaglio dei Ministeri». E quando non sarà più al vaglio ma avrà avuto l’ok potrà essere rivisto? Se lo augura… Già.
r.i.

 

I 5 Stelle fanno sponda ai tecnici e li promuovono, il Pd affonda: sono i liquidatori dei nostri servizi

I 5 Stelle fanno sponda ai commissari. Li ringraziano per essere in Consiglio regionale, per aver fatto luce sul ‘fattaccio’ – così lo rappresentano – della fiscalità non trasferita.
«Abbiamo pagato le tasse più alte d’Italia e non tutte sono state trasferite sul conto della sanità. Sono curiosa di sapere a cosa sono servite», dice Patrizia Manzo.
Andrea Greco e Fabio De Chirico battono sul tasto dell’extra budget dei privati. La sub Grossi a fine seduta ufficializza che il piano operativo sancisce che il tetto sia invalicabile. Naturalmente, all’affermazione di principio dovrà essere data attuazione con un decreto attuativo. Rassicurazione che non basta ai grillini, tanto che nel pomeriggio discutono la mozione presentata sul punto ma nonostante il soccorso arrivato da Pd, Iorio e Aida Romagnuolo il documento non passa (per un voto).
I dem ai commissari ricordano, intanto, che il turnover non è rimasto bloccato fino al loro arrivo, nel 2017 anzi l’Asrem è stata autorizzata ad assumere. «Noi abbiamo fatto i concorsi», così Facciolla e il ‘noi’ è riferimento al commissario Frattura. Il nuovo blocco è durato un mese, in primavera, perché il nuovo deficit aveva attivato le sanzioni automatiche. Il decreto Calabria ha poi cancellato il divieto di assumere. «Mi aspettavo diceste che in Molise non si può applicare il Balduzzi», ancora Facciolla. Delusa Micaela Fanelli: «È la sostanziale liquidazione della nostra sanità», maturata in un clima di conflittualità fra i commissari e il presidente della Regione, la cui assenza è rimarcata da tutti i consiglieri di opposizione che intervengono. È il fallimento, rimarca Fanelli, «del commissariamento». Il criterio dello ‘storico’ (che sia la spesa o il numero di interventi) «non può essere l’unica Bibbia», dice in particolare a Grossi.
Dalla maggioranza, tra gli altri interventi quelli dell’ex presidente Michele Iorio. Il primo commissario e poi anche commissariato, ricorda. Epici i suoi scontri col tavolo tecnico. Era tutto già scritto da tempo, Roma – sottolinea – ha sempre avuto l’obiettivo di un solo ospedale in Molise. Rilancia l’idea di una legge, invece, una legge regionale che sfidi i ‘ragionieri’ e rimetta in campo la capacità della classe dirigente locale di programmare i servizi sanitari. Salva gli attuali commissari, loro per Iorio non hanno colpe.
Durissimo con Giustini e Grossi, invece, Andrea Di Lucente (capogruppo dei Popolari). Al generale ricorda le parole di Giulia Grillo contro la sua idea di portare i medici militari nei reparti, fu l’ex ministro 5s a bocciarla fra gli altri. Alla sub chiede: qual è il suo break even, il punto di pareggio? «La distruzione dei nostri ospedali? Se questo è il piano che avete redatto con Agenas ci dovete delle risposte. Ci state trattando come merce».

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