È il giorno del nuovo Patto per la salute. Entrato ieri nell’odg della Stato-Regioni in programma oggi pomeriggio alle 15.30, l’intesa è data per certa.
Dopo quasi un anno di trattativa e con numerosi rinvii e anche un cambio di governo, il documento è quindi pronto per la firma finale. Stamane alle 10 i governatori si riuniranno per esaminare l’ultima bozza inviata dal ministero della Salute. Inviata, dettaglio amarcord in chiave molisana, dal capo di gabinetto del dicastero Goffredo Zaccardi, ex presidente del Tar Molise (lo era all’epoca della sentenza che diede ragione a Frattura e annullò le ultime regionali vinte da Iorio).
La bozza non contiene la maggior parte delle controproposte regionali ma l’accordo è dato quasi per certo visto il rischio di bloccare gli aumenti del fondo sanitario legati a filo doppio alla sigla del Patto.
Lunedì anche le associazioni civiche, Cittadinanzattiva in testa, hanno fatto quadrato intorno al ministro Speranza di fatto: nel giorno in cui da Lungotevere Ripa partiva per la Stato-Regioni che respingeva quasi tutti gli emendamenti dei presidenti, hanno chiesto di firmare il Patto. Poi ha presto posizione anche l’influente Fondazione Gimbe: «I soldi per la sanità sono sul piatto dalla passata legge di bilancio ma governo e Regioni da quasi un anno continuano a giocare a braccio di ferro. Se non firmano il Patto per la Salute entro il 31 dicembre, vanno in fumo 3.5 miliardi di euro», ha dichiarato il presidente Nino Cartabellotta.
Dunque, oggi non si può che firmare. Qualche ritocco, però, è ancora possibile. A quanto si apprende dalla Salute (il Mef sarebbe invece più scettico) ci sarebbe l’assenso – riporta Quotidiano sanità – a inserire la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato anche agli specializzandi a partire dal secondo anno e sulla possibilità di far restare in servizio i medici fino a 70 anni.
Nessun accenno, sul portale specializzato, alla questione dei commissariamenti. A parte una gestione futura che sulla carta sarà meno penalizzante per le Regioni coinvolte, i tecnici del Ministero hanno respinto la proposta voluta dal Molise dopo che la Consulta ha abrogato l’incompatibilità reintrodotta un anno fa di far coincidere l’incarico di commissario con il presidente in carica. Una scelta di segno opposto all’impostazione dei 5s, che Speranza non ha voluto compiere. E che lascia in mano a tecnici esterni solo Molise e Calabria, visto che Lazio e Campania (guidate dal centrosinistra) sono uscite dal commissariamento.
Il governatore Donato Toma però non molla. Contatti frenetici ieri con lo staff di Speranza, col ministro Boccia che lunedì a Campobasso gli ha fornito un assist importante – pur se finora non è servito ad andare a segno -, col collega della Calabria. Si starebbe lavorando a una diversa formulazione, meno diretta ma che potrebbe arrivare comunque all’obiettivo di coinvolgere le Regioni nella programmazione della sanità pur se commissariata.
«A me non interessa fare il commissario a tutti i costi o chissà per quale motivo. Voglio che la sanità torni nelle mani della Regione», ha detto Toma ieri sera a Primo Piano.
Stamattina sarà Giovanni Toti a coordinare i presidenti al Cinsedo, toccherà invece proprio a Toma guidare la delegazione alla Stato-Regioni di oggi pomeriggio.
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