Fra una settimana il Capo dello Stato parlerà. E da dire ci potrebbe essere poco a quel punto. Giusto la road map dell’ultimo scampolo di legislatura. L’intenzione del premier Monti è di accelerare in Senato il varo della legge di stabilità e dimettersi. Potrebbe realisticamente accadere prima di Natale. Napolitano scioglierà le Camere perché non ci sono possibilità di formare nuovi esecutivi. Anche il Pd ieri con Dario Franceschini ha spinto sull’acceleratore: il Bilancio, poi subito alle urne. Politiche e regionali di Lombardia e Molise sono tornate in agenda a febbraio, il 17 o il 24. Ma in periferia il Pd continua a scommettere su marzo (3 o 10). Intanto, è bagarre sui provvedimenti che, oltre alla legge di stabilità, sono all’esame del Parlamento. Il decreto sviluppo bis ha l’80% di possibilità di essere approvato, così il provvedimento sull’Ilva. Resteranno, invece, una buona intenzione del ministro Patroni Griffi la riforma del Titolo V della Costituzione (che restringe poteri e competenze delle Regioni) e, soprattutto, il riordino delle Province. Il Pdl ha stoppato tutto annunciando la proposizione di una questione pregiudiziale. Ma gli enti si salveranno per la decisione di Monti di rinunciare all’incarico, il testo è infatti arenato in Senato, sommerso dagli emendamenti, poi dovrebbe andare alla Camera. Non c’è tempo, non ce n’è neanche per la riforma elettorale e il ddl sulla diffamazione. Quanto alle Province, però, ieri è scoppiato il caso. Perché l’Ansa ha anticipato il contenuto di uno studio di Palazzo Chigi, messo a punto in vista dell’esame del decreto e riassuntivo di tutte le difficoltà dell’iter di approvazione. La sua mancata conversione in legge comporterà “un periodo di incertezza per l’esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini (come manutenzione di scuole superiori e strade, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale)”. Senza questo provvedimento si torna a quanto stabilito dal decreto ‘‘Salva Italia’, sottolinea il dossier del Dipartimento delle Riforme del Ministero della Funzione Pubblica. E “il ‘‘Salva Italia’ è stato impugnato perché la Costituzione prevede che lo Stato assegni alle Province ‘‘funzioni fondamentali’. Ora, è dubbio che le sole funzioni di indirizzo e coordinamento dei Comuni possano costituire ‘‘funzioni fondamentali’ in senso tecnico. Se la Corte dovesse accogliere i ricorsi, le Province avrebbero tutte le funzioni attuali (e non solo quelle di area vasta) e non sarebbero nemmeno ridotte di numero. Naturalmente – ci tengono a sottolineare i tecnici del governo – un rischio di incostituzionalità grava anche sul decreto in esame sotto il profilo della forma e del procedimento usati per il riordino”.

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