Poche righe di comunicato, tre concetti. Tuttavia solo il primo è chiaro e lampante e non si presta a interpretazioni: alla giunta Frattura sette dirigenti e iscritti del Pd danno un voto insufficiente. Marcano quindi la discontinuità dalla segreteria regionale che nei fatti ha già risolto positivamente l’analisi sull’operato del governatore uscente.
Sugli altri due concetti, invece, la nota firmata da Michele Di Giglio, Massimiliano Scarabeo, Oreste Campopiano, Giuseppe Libertucci, Ombretta Pollice, Franco Di Biase e Michele Giuliani stimola le domande. E apre quindi il dibattito nella minoranza dem, di cui gli esponenti democratici che si rivedono a livello nelle posizioni di Orlando rappresentano una parte. C’è poi Fronte democratico, la componente che fa capo a Emiliano. Cosa dicono i sette orlandiani, tra cui il capogruppo Pd a Palazzo D’Aimmo?
Intanto, che in attesa dell’assemblea del 27 maggio ritengono di «sottolineare le differenze in termini di discontinuità con l’operato della segreteria regionale anche attraverso un necessario consuntivo sull’operato della giunta che riteniamo non sufficiente». Poi che auspicano «per uscire dalle secche, di trovare una sintesi unitaria che tenga insieme tutte le anime del centro sinistra regionale». E qui le prime domande. Dove inizia e dove finisce il centrosinistra? Per esempio, il leader di Mdp Danilo Leva ha posto come pregiudiziale per le primarie sul nome del candidato presidente del 2018 – che comunque continua a chiedere con insistenza – che Rialzati Molise sia fuori dall’alleanza. Sul punto, invece, Roberto Ruta – che pure definisce quella per le primarie la «battaglia madre» – non è stato così netto. Tendenzialmente, anzi, il senatore è più prudente nel recidere contatti e rami con i moderati. Per gli orlandiani, ascoltati alcuni di loro per capirne di più (Michele Di Giglio e Giuseppe Libertucci), lo sforzo unitario sembrerebbe più quello di tenere dentro gli scissionisti dem (Leva & Co.) e Sinistra italiana. Comunque escludono ‘contaminazioni’ di centrodestra e si riferiscono a Patriciello ma pure agli uomini di Alfano.
Infine, la breve nota conclude: «Le fughe in avanti non servono in questa fase se non dopo aver affrontato con spirito unitario e costruttivo i nodi irrisolti». Fuga in avanti per loro è quella di Fanelli che ha già benedetto la ricandidatura di Frattura. Balza all’occhio che la parola primarie nel comunicato non c’è. E non è un caso. Di Giglio sostiene che bisogna prima definire chi sono gli alleati, come è composta la coalizione, le priorità programmatiche e poi si può discutere se fare le primarie. E di questo si dovrebbe parlare nel Pd prima del 27. Secondo Libertucci, poi, le primarie non devono diventare una resa dei conti fra i big del partito. E il giudizio negativo sull’operato del governatore, anzi, dovrebbe indurre l’attuale presidente ad un passo indietro.
Il punto è che il giudizio negativo passa attraverso la discussione all’interno degli organismi del Pd. In sintesi, se fra i renziani emerge una spaccatura perché la deputata Venittelli sembra pronta a scendere in campo alle eventuali primarie contro Frattura pure la minoranza ha i suoi problemi. Un fronte estremamente eterogeneo, con sensibilità e obiettivi diversi.
Intanto, il governatore ha scelto di non rispondere alle dichiarazioni di Danilo Leva, secondo il quale – dopo l’assoluzione dell’ex pm Papa e della direttrice di Telemolise Petescia dall’accusa di aver tentato di ricattarlo – Frattura dovrebbe dimettersi. «Se l’assemblea vorrà o lo richiederà, se ne parlerà il 27 maggio. Con chi c’è. Io rispondo al Pd, il mio partito. Leva mi pare abbia deciso di andarsene». Nulla di più sull’argomento. «Mi concentro sulle cose da fare. Che sono molte e importanti». In settimana, fra le altre cose, la prima riunione del tavolo tecnico sugli accordi di confine per la sanità. r.i.

Un Commento

  1. emanuela scrive:

    Indipendentemente dal giudizio sul presidente che non esprimo mi sembra giusta la sua risposta chi non fa più parte di un partito per sua scelta non può dettare legge all’interno di quella parte politica. Non si può avere i piedi fuori e comportarsi come si fosse ancora dentro. Il giudizio spetta ad altri altrimenti sarebbe troppo comodo

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