«In materia di obblighi di vaccinazioni le Regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale, incluse quelle che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, per la finalità perseguita, si pongono in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con i principi di settore». Lo ha ribadito la Corte costituzionale, riprendendo quanto già affermato nella sentenza 5 del 2018, nel verdetto sentenza che ha giudicato illegittima la legge 8/2018 della Regione Molise sulla materia.
La norma, approvata su iniziale proposta del Pd e su cui il Movimento 5 Stelel fece le barricate, fu impugnata dal governo per «violazione del principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, della competenza riservata alla legislazione statale sia per la determinazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, sia in tema di “norme generali sull’istruzione” ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione, sia per la disciplina della profilassi internazionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera q), della Costituzione».
Queste le disposizione bocciate dalla Consulta. L’articolo 1, comma 3, della legge approvata da Palazzo D’Aimmo a settembre 2018, disponeva che «[n]ella eventualità di minori di età non in regola con gli obblighi vaccinali, i responsabili delle strutture: a) non procedono all’iscrizione per i casi di cui al comma 1; b) comunicano ai servizi territoriali competenti il mancato assolvimento degli obblighi vaccinali affinché provvedano nel rispetto del calendario vaccinale per i casi di cui al comma 2». L’articolo 1, comma 4, a sua volta, stabiliva che «[e]ntro 60 giorni dall’entrata in vigore, la giunta regionale approva, su proposta dell’Asrem, le modalità attuative della presente legge anche tenendo conto dei casi in cui la vaccinazione deve essere omessa o differita per accertati pericoli concreti per la salute del minore in relazione a specifiche condizioni cliniche».
Il successivo articolo 2 introduceva una disciplina transitoria, prevedendo che «[i]n sede di prima applicazione, per i minori di età non in regola con gli obblighi della presente legge che siano già iscritti o che si iscrivano per la prima volta alle strutture di cui all’articolo 1, comma 1, nel rispetto del calendario vaccinale, è sufficiente aver avviato il percorso per l’assolvimento degli obblighi vaccinali entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge».
Per il governo le «disposizioni impugnate dettano una disciplina divergente rispetto a quella statale: per un verso, più rigorosa, ove si sancisce il divieto di iscrizione alle strutture educative, anziché il semplice divieto di frequenza, per i minori che non risultano in regola con gli obblighi vaccinali, e, per altro verso, più permissiva, allorché si prevede un indefinito avvio del “percorso per l’assolvimento degli obblighi vaccinali” entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, in luogo dei precisi adempimenti documentali o dichiarativi prescritti dalla legge statale».
Tesi ritenuta fondata dalla Corte costituzionale che ha bocciato la legge.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.