Andare per grazia, trovare giustizia. All’uscita dal vertice di Palazzo Vitale due indicazioni su tutte: che c’erano assenti, soprattutto un grande assente, e che alcune voci in questi mesi abbastanza lealiste si fanno sfuggire dal seno critiche sferzanti.
Comunque, indiscrezioni e ricostruzioni non collimano molto fra loro: ogni fonte racconta una parte della riunione, una parte della sua verità.
Alla chiamata del governatore Donato Toma non hanno risposto presente l’ex presidente Michele Iorio – il grande assente anche perché grande accusatore in chiaro di queste settimane – l’ex leghista Aida Romagnuolo, l’esponente di Fratelli d’Italia Massimiliano Scarabeo e il presidente del Consiglio Micone.
Sul tavolo la preparazione della seduta del Consiglio di oggi. E qui la prima nota stonata. Si è parlato, dice qualche partecipante, della proposta di legge a firma della capogruppo dem Micaela Fanelli che punta a modificare lo Statuto rendendo più efficace la parità di genere nell’accesso all’esecutivo e ai Cda delle partecipate. E perché mai se all’ordine del giorno dell’Assise di oggi non c’è? Perché, sembra, avrebbe dovuto esserci quel ddl in cima all’agenda e non quella relativa alla durata del mandato dell’ufficio di presidenza (approvata in prima lettura a novembre e che entrerà in vigore a partire dalla prossima legislatura). Un errore della struttura che ha tirato fuori dal cassetto una delle prime liti interne alla maggioranza. Nella stesura originaria, infatti, la legge sarebbe entrata in vigore subito blindando Micone e gli altri componenti dell’ufficio di presidenza per cinque anni. La minaccia di votare contro da parte di Aida Romagnuolo e altri esponenti del centrodestra portò all’emendamento risolutivo: si parte dal prossimo mandato.
Dal conclave di ieri sera qualcuno, deluso dell’andamento del ragionamento, sarebbe uscito convinto di votare la proposta di Fanelli. D’accordo col principio, poi, Mena Calenda, che ha lasciato i lavori in anticipo marcando la sua distanza da una discussione che evidentemennte le sembra lontana dal suo modo di fare politica.
A quel punto – con una norma meno generica di quella di oggi – il pressing per la nomina di una donna in giunta diventerebbe assai più pesante. Già, la giunta. La verifica e il tagliando. Se ne è molto parlato sulla stampa, cosa che il presidente Toma non ha digerito, lo ha detto chiaramente. Come Conte ha detto ieri in Aula a Montecitorio, anche lui preferirebbe una maggioranza più sobria e silenziosa. A chiedere con forza la verifica è stato Michele Iorio. A ribadire spesso la richiesta di elezioni è Aida Romagnuolo. Assenti, dunque, i principali interlocutori sulle frizioni a mezzo stampa che Toma avrebbe evitato volentieri. Non era il caso, avrebbe detto, di introdurre ora il tema del cambio di giunta, se ne parlerà più in là.
A gettare acqua sul fuoco avrebbe provato uno dei seniores della coalizione, Niro, che avrebbe chiesto di fare gioco di squadra. r.i.

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