Al Cardarelli un nucleo di ‘antitaliani’ che fa onore alla sanità molisana. L’attestato per il reparto di Urologia dell’ospedale regionale nella riflessione di un lettore, che vi si è recato per un intervento di alta tecnologia. Oltre a ringraziare il personale, un appello alla politica: a valorizzare questa nicchia, non l’unica, di eccellenza nelle strutture sanitarie pubbliche con fondi, uomini e dotazioni adeguati. Ecco il testo della lettera firmata.

I primi sintomi risalgono all’infanzia. Mamma e papà mi raccontavano (e questo è il sintomo più remoto, probabilmente uno dei primi) che in occasione di una qualche festività qualcuno mi aveva regalato dieci lire: un capitale, per allora. Io le spesi a modo mio, andai a comprare dieci lire di… chiodi. E quando mi chiesero cosa ne dovessi fare risposi che volevo costruire un comò.
Di un altro episodio ho ancora impressa nella mente l’immagine della banconota da cinque lire unita al volto stupito del sagrestano dell’Immacolata che mi vide deporla come obolo nella sua borsa: una busta di cartone, quadrata, rivestita di stoffa colorata e rifinita con passamaneria dorata. Si apriva solo da un lato e lo scaccino, infilando indice e medio nell’apertura, la agitava facendo tintinnare le monete che i fedeli vi avevano infilato ed in cui scomparve anche la mia cinque lire rossiccia.
Poi i sintomi divennero più frequenti, segnarono la mia adolescenza, la mia giovinezza, la mia età matura senza però mai darmi pensieri. Mi sembrava di essere nella normalità fin quando non ebbi modo di leggere, nel testo illustrativo del Calendario Storico dell’Arma dei Carabinieri del 1985, un articolo di Giorgio Bocca di cui riporto testualmente qualche rigo: «Gli italiani sono mammisti, ma carabinieri in giro con le mamme se ne vedono pochissimi. Un carabiniere che suona il mandolino a Posillipo lo avete mai visto? Io mai. Gli italiani sono rumorosi, i carabinieri taciturni, i primi seri sempre pronti a mercanteggiare, i secondi anche se devono darti una multa per sosta vietata hanno il volto della inflessibilità; gli italiani sono tutti intelligenti, “cca nisciuno è fesso”, i carabinieri sopportano da sempre, senza batter ciglio, sotto sotto, credo, inorgogliti, le barzellette che li descrivono tardi, lenti, testoni». E proseguendo nella lettura trovai la diagnosi alla mia malattia: ero un “antitaliano”. E tale sono rimasto (pur senza soffrirne affatto) per tutta la mia carriera militare.
Ormai ho già trascorso molti anni fuori dall’Arma ma la mia “antitalianità” è rimasta, pur se silente. All’improvviso poi ho ripreso ad individuarne i sintomi, non solo sulla mia persona, quando, alla fine dello scorso anno, ho cominciato a frequentare (non per mia scelta, sia chiaro) il reparto di Urologia del Cardarelli ci Campobasso. Lì ho ricominciato ad avvertire la presenza di questa “antitalianità” ed ho scoperto, non senza stupore, che tutti, indistintamente tutti in quel reparto, dell’uno e dell’altro sesso, dalle infermiere ed infermieri tirocinanti, alle infermiere ed agli infermieri, alla caposala, ai medici, al primario, tutti avevano problemi esattamente analoghi al mio, erano tutti “antitaliani”: non nemici dell’Italia, come diceva Giorgio Bocca, ma completamente opposti agli italiani di cui sentiamo parlare, specie nel campo della sanità. Questa deviazione dal carattere comune degli italiani si è ormai impadronita dell’intera Unità Operativa Complessa di Urologia, ha pervaso le menti di tutti quegli operatori di ogni ordine e grado e consente la realizzazione di interventi di alta chirurgia (quale quello da me subito) in un clima di assoluta serenità. Gli stessi medici, per la verità non molto inclini al sorriso, sono quasi tutti dei… burberi benefici, eccezione fatta per qualche rappresentante del gentil sesso che, alla indiscutibile ed indiscussa professionalità, unisce sensibilità e giovialità squisitamente femminile. Sorridono sì, raramente, ma quando lo fanno esprimono sicurezza e trasmettono tranquillità ai pazienti, sono prodighi di cure e di consigli, sono disponibili e colloquiano con i degenti e tutto ciò contribuisce acchè una rilevante parte dei pazienti provenga anche da provincie limitrofe.
Chissà se questa “antitalianità” è esportabile verso le sedi della politica del nostro piccolo Molise, chissà se i nostri politici si lasceranno contagiare e decideranno di valorizzare questa nicchia (ma anche altre che sicuramente ce ne sono) di “antitaliani” fornendo strumenti e strutture migliori, nell’interesse di tutti, adeguando il personale alle esigenze del reparto, consentendo così di continuare a fornire un “servizio” di eccellenza competitivo con quello di altre strutture che, per il solo fatto di non essere pubbliche, sembra debbano prevalere ad ogni costo.
Grazie dunque, signori “antitaliani” di Urologia, grazie per le risposte concrete che date, e sono certo darete, a quanti, parodiando il sommo poeta, andranno, come me, dicendo “Sanità va cercando, ch’è si cara, come sa chi per lei vita… riceve”.
(lettera firmata)

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.