Una patologia subdola che imprigiona chi ne è affetto in una gabbia buia, dove le immagini, i ricordi, i volti, gli affetti sbiadiscono progressivamente fino a scomparire.
La piaga dell’Alzheimer ad oggi ha colpito 600mila persone in Italia, e in Molise i numeri non sono rassicuranti: tra i casi conclamati e quelli di demenza, che in molti casi degenerano nella patologia, si arriva a 5000, «anche se in regione – come ha evidenziato il dottor Mino Dentizzi, responsabile del centro Alzheimer di via Toscana – non sono stati diffusi dei dati certi».
Accanto al dottor Dentizzi c’è il professor Alfonso Di Costanzo dell’Istituto di Neurologia dell’Unimol, e l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Campobasso che ieri mattina, proprio in occasione della Giornata mondiale dell’Alzheimer hanno presentato un progetto, approvato dal Comitato etico, che mira ad alleviare e rallentare gli effetti della malattia attraverso il nordic walking, la camminata nordica con i bastoni. «Il progetto della durata di un anno che partirà ad ottobre – ha spiegato il professor Di Costanzo – verrà sperimentato su un campione di 30 pazienti del centro di via Toscana, diviso in due gruppi da 15. I due gruppi, quello sperimentale e quello di controllo, svolgeranno regolarmente le attività e i trattamenti del centro, mentre solo quello sperimentale si cimenterà con il nordic walking. Poi ogni 6 mesi confronteremo i dati dei due gruppi per capire se ci sono stati dei benefici». Che l’attività fisica, unita ad una corretta alimentazione, sia uno dei metodi di prevenzione più efficace dell’Alzheimer è un fatto conclamato, ma che proprio il nordic walking possa influire positivamente sulla malattia è una intuizione tutta molisana. «In letteratura ci sono degli studi sul Parkinson – conferma Di Costanzo – ma nessuno ha mai accostato il nordic walking all’Alzheimer».
«Il Comune di Campobasso ha già sperimentato il nordic – ha poi aggiunto l’assessore Salvatore – con la settimana del buon invecchiamento coinvolgendo i 7 centri anziani di Campobasso. L’obiettivo di quest’anno invece è quello di realizzare una serie di attività di formazione e prevenzione affinché Campobasso diventi ‘Città amica della demenza’. Vogliamo estendere l’iniziativa a tutti, lavorando con le famiglie ma anche con i cittadini e con gli operatori economici. Probabilmente partiremo già il 2 ottobre in occasione della Festa dei nonni».
Prevenire ed informare sono del resto elementi imprescindibile per contrastare gli effetti drammatici di una malattia che purtroppo non ha una cura.
«Il primo campanello d’allarme è il disturbo della memoria recente – ha spiegato il professor Di Costanzo -, condizione che si chiama disturbo soggettivo di memoria. In pratica non si ricordano gli avvenimenti o le azioni recenti, che però non sempre può sfociare in Alzheimer. Poi c’è la condizione di deterioramento cognitivo lieve, e qui il rischio di evoluzione è ancora più alto. Altro sintomo, meno frequente, è il disturbo del linguaggio».
«Le persone con demenza sono in aumento – interviene il dottor Dentizzi – ma solo perché è in aumento la popolazione anziana. Le persone con alta scolarità manifestano la malattia più tardi. Ad ogni modo, l’attività culturale, i lavori che richiedono un grosso impegno cognitivo possono aiutare tutti. Dalla massaia che in cucina inventa un nuovo piatto, fino alla signora che gioca a carte o fa le parole crociate. Tutte queste attività hanno un effetto protettivo».
Il responsabile del centro però non risparmia dure critiche alla situazione regionale: «Lo stato dell’arte del Molise non è affatto buono: c’è solo un centro diurno – questo – su tutto il territorio regionale. Si continua ad andare avanti con progetti a termine con la paura delle scadenze. Forse a gennaio partirà un progetto di assistenza domiciliare, ma si vive sempre nell’incertezza.
Bisogna inoltre sottolineare che il centro diurno non è adatto ai pazienti in fase avanzata, che hanno invece bisogno di trattamenti più specifici. E in Molise non esiste una struttura in grado di accogliere questi casi. I malati di Alzheimer vengono ospitati in normali case di riposo. Questo perché il Molise è l’unica Regione che non si è dotata di un piano regionale delle demenze, che invece nelle altre realtà italiane esiste e sta dando anche ottimi risultati».

md

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