Gentile direttore, la ringrazio per lo spazio che sono convinta vorrà concedermi. Il tema è d’attualità: la sanità. Ne parlerò, al contrario di quanto accade sovente, in maniera positiva. Perché convinta che se un esempio negativo vale quale pretesto per una notizia, quando le cose vanno bene devono essere allo stesso modo raccontate, se non anche enfatizzate.
Sì, enfatizzate. Perché oggi chi lavora in un ospedale non ha vinto una lotteria come accadeva invece negli anni in cui la sanità in Italia era un pozzo senza fondo e i politici di turno, di ogni schieramento, ‘infornavano’ familiari, parenti e amici. E in Molise di esempi ne abbiamo molteplici, anche eccellenti.
Le parlo per esperienza personale.
Sono sposata da 15 anni. Il sogno di ogni coppia è quello di avere un bimbo. Dopo tanti sacrifici, visite, ho girato l’Italia con mio marito, a metà settembre il sogno si è avverato: gli esami del sangue hanno certificato che ero in dolce attesa. La prima reazione è stata imbarazzante: ho pianto per due giorni. Così come ho pianto durante la prima ecografia.
Tutto sembrava andare per il meglio, quando intorno alla ottava settimana ho avuto delle piccole perdite ematiche. Nel volgere di poche ore la situazione si è fatta più seria. È accaduto di sera, tardi. Ho rintracciato il ginecologo che mi ha consigliato di andare subito in ospedale per un monitoraggio.
Sono arrivata al Pronto soccorso del Cardarelli. C’erano diverse persone che attendevano, ma nulla di quello che spesso i giornali e in particolare qualche tv ci propinano. Nel giro di pochissimi minuti, forse secondi, ero nel reparto di Ginecologia. L’ostetrica che mi è venuta incontro ha chiamato il medico. In servizio c’era, se ricordo bene il nome, la dottoressa Maria Clara Di Iorio. Ero terrorizzata, non sono riuscita nemmeno ad illustrare la terapia che assumevo.
La dottoressa e l’ostetrica sono state fantastiche. Dopo l’esame mi hanno rassicurato sullo stato della gravidanza, che ringraziando Iddio procedeva. Poi, restando con me tutto il tempo necessario, hanno illustrato i casi che la medicina contempla nel tentativo di dare una spiegazione a quanto stava accadendo.
Se fossi voluta restare in ospedale potevo, ma ho deciso di tornare a casa. La dottoressa mi ha prescritto riposo assoluto e alcuni farmaci.
Dopo quattro giorni, di nuovo di notte, ho avuto ulteriori perdite. Molto più copiose delle prime. Ho avuto paura, tanta. Siamo tornati in ospedale in tutta fretta. Il Pronto soccorso mi ha deviato in Ostetricia in pochi secondi. C’era di nuovo la dottoressa Di Iorio. Francamente visto quanto mi stava accadendo il mio stato d’animo era oltre lo sconforto. La dottoressa nonostante l’emorragia in corso ha eseguito un’ecografia. Mi ha sorriso e invitata a stare tranquilla. E mi ha assicurato, insieme all’ostetrica che era con lei, che avrebbero fatto il possibile per farmi passare indenne anche quell’ulteriore terribile evento, salvaguardando la gravidanza.
Dopo qualche ora, al mattino, mi sono ritrovata davanti al letto l’equipe diretta dal dottor Franco Doganiero. Altra piacevolissima sorpresa. Una persona straordinaria, un professionista assai preparato. Al di là dell’aspetto professionale, quello che qui mi piace mettere in evidenza è il lato umano di Doganiero e di tutte le dottoresse e i dottori del reparto (non li cito uno ad uno perché onestamente non ricordo né conosco tutti i nomi).
Non ho più vent’anni. Ne ho più del doppio. E per me questa gravidanza, per tutta una serie di ragioni, vale più di quanto si possa immaginare. All’Ostetricia del Cardarelli non hanno curato solo la mia patologia, hanno curato le mie paure. Nel periodo che ho trascorso in ospedale ho visto risolvere casi davvero complicati. Nessuno però ne parla. Una notte è stata ricoverata d’urgenza una giovane donna originaria di un Paese lontano. Non pronunciava una sola parola in italiano, non ha spiegato cosa aveva, se assumeva farmaci. Era disperata. Hanno provato in inglese, in francese: niente. Ho intuito dalla preoccupazione che si leggeva sui volti di medici e infermieri che si trattava di una situazione al limite. Non ho titolo per entrare nei dettagli, posso però riferire che dopo qualche giorno la ragazza, sottoposta a un complicatissimo e delicatissimo intervento ha partorito. Sta bene il neonato e sta benone anche la mamma.
Mi creda direttore, è difficile, molto difficile, raccontare di sé. Scendere nei dettagli. Rendere nota la propria storia, tornare indietro con la mente, ripensare, rivivere.
Lo devo, però, al dottor Doganiero, a tutti i suoi colleghi. Lo devo alle ostetriche, agli infermieri e a tutto il personale che in quel reparto opera: sono persone straordinarie. Non ho mai visto un volto imbronciato, non ho mai sentito una parola fuori posto. Nessuno alza la voce, nonostante, ho avuto modo di constatarlo, talvolta i familiari delle degenti superano il limite del buon senso. A chi di noi non è capitato di andare al lavoro con l’umore guasto? Quante volte è successo di essere scortesi per ragioni non riconducibili alla nostra professione? In ospedale non accade. In tanti giorni non mi è stata data una sola ragione per poter dire: «Eh, però sarebbe stato meglio se…».
Lo devo alla sanità pubblica molisana. Che, posso affermare con certezza, non è messa male così come vogliono a tutti i costi farci credere.
Ignoro se ha una strategia chi quotidianamente paragona lo stato di salute dei nostri ospedali e dei servizi sanitari in genere a quelli di un Paese del Terzo mondo. E francamente non ne comprendo il fine (o forse l’ho compreso fin troppo bene ma mi rifiuto di credere che sia così). Ma i fatti smontano clamorosamente tesi e complotti. Certo, tutto è migliorabile, sono tante le cose che in generale non vanno. Sarebbe ipocrita nasconderlo. Ma sono altrettante quelle che funzionano.
Nel dire ancora una volta grazie a medici e infermieri dell’Ostetricia del Cardarelli, saluto con deferenza nella speranza che questo mio piccolissimo contributo concorra a restituire dignità ad una struttura che non ha nulla da invidiare alle migliori eccellenze del Paese.
(lettera firmata)

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