Notevoli i passi in avanti che sta facendo la scienza rispetto alla cura del cancro. Ciononostante, la migliore terapia riconosciuta resta quella delle prevenzione, tanto alimentare, quanto degli stili di vita in generale.
Quando però succede di dover affrontare la malattia, si può contare su una certezza: la prospettiva per il paziente, rispetto a qualche anno, è parecchio migliorata.
Nel 2018 – informano dalla Fondazione Giovanni Paolo II – sono stimati nel nostro Paese 369mila nuovi casi di tumore (192mila fra i maschi e 177mila fra le femmine). Oggi oltre 3 milioni e 300mila cittadini (3.304.648) vivono dopo la diagnosi, il 24% in più rispetto al 2010. Armi efficaci, come la chemioterapia più attiva e meglio tollerata, le terapie a bersaglio molecolare e l’immuno-oncologia determinano un miglioramento della sopravvivenza con una buona qualità di vita.
I principali trattamenti delle neoplasie sono rappresentati dalla chirurgia, dalla chemioterapia, dalla radioterapia, dalla terapia ormonale, dalle terapie biologiche e dall’immuno-oncologia. Queste armi possono essere utilizzate singolarmente o in combinazione. Nel corso degli anni, la ricerca ha portato a terapie sempre più efficaci, che in molti casi sono in grado di ridurre la mortalità, con minori effetti collaterali. Dopo la fine di ogni tipo di trattamento sono necessari esami periodici di controllo. Questa pratica clinica si chiama “follow-up” e ha come obiettivo la gestione dell’eventuale ricomparsa di cellule tumorali e delle possibili complicanze legate al trattamento precedentemente utilizzato.
Da qualche anno è possibile curare un tumore stimolando il sistema immunitario grazie all’immunoterapia oncologica, un approccio terapeutico innovativo applicato per quelle forme di cancro difficilmente aggredibili chirurgicamente.
L’immunoterapia è una nuova strategia terapeutica per il trattamento del cancro che sostanzialmente agisce utilizzando dei farmaci che attivano le nostre difese immunitarie per far sì che il nostro sistema immunitario possa essere in grado di distruggere le cellule tumorali o tenerle sotto controllo per un periodo di tempo molto lungo. La differenza fondamentale è questa: i trattamenti chemioterapici mantengono comunque la loro efficacia – quindi la chemioterapia – agendo direttamente e distruggendo le cellule tumorali, mentre con l’immunoterapia, sostanzialmente, si fa un passaggio in più: viene attivato il sistema immunitario del paziente per far sì che esso poi possa essere in grado di tenere sotto controllo la malattia.
La chirurgia, nei tumori in generale, mantiene ovviamente un suo ruolo estremamente importante quando è possibile rimuovere il tumore. Quando quest’ultimo, purtroppo, non è più aggredibile chirurgicamente, allora è necessario far riferimento alla terapia medica e quindi all’immunoterapia o alla chemioterapia.
In Italia, da qualche mese, sono a disposizione dei nuovi farmaci immunoterapici con i quali è possibile trattare alcuni tipi di tumori molto aggressivi come il melanoma, un tumore che nasce prevalentemente dalla cute. Recentemente l’immunoterapia è stata anche approvata per alcuni tipi di cancro del polmone, in particolare la forma squamosa, quella più frequente nei forti fumatori e nei pazienti che hanno già fallito un primo trattamento chemioterapico.
«L’Oncologia, anche grazie alla ricerca, sta facendo passi da gigante – commenta il dottor Carmelo Pozzo, direttore dell’Unità di Oncologia generale della Fondazione Giovanni Paolo di Campobasso -. Abbiamo la possibilità di effettuare i trattamenti farmacologici di ultima generazione, compresa l’immunoterapia. Siamo riconosciuti “Centro prescrittore” al pari dei più importanti ospedali italiani».
Il potenziamento dell’area Oncologica della Fondazione riguarderà anche l’ambito prettamente scientifico: sono stati infatti avviati diversi progetti di ricerca clinica sui nuovi trattamenti farmacologici.

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