La Neuromed è sempre in continua evoluzione e progresso nelle sue ricerche. Infatti, i professionisti dell’Irccs sono riusciti a identificare i danni neurologici dovuti all’ipertensione cronica che può portare a forme di demenza progressiva con molto anticipo rispetto alla comparsa dei primi sintomi. Si apre così la strada alla possibilità di interventi precoci per combattere con maggiore efficacia queste gravi patologie.
L’ipertensione è capace di danneggiare lentamente quelli che vengono definiti organi bersaglio, tra i quali cervello, infatti è chiamata ‘killer silenzioso’. Oltre ad essere un fattore di rischio per l’ictus, anche nei pazienti in trattamento farmacologico, può indurre un danno cronico a livello della circolazione cerebrale. Questa condizione può sfociare in patologie neurodegenerative come la demenza.
La ricerca è stata condotta dal dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina traslazionale dell’Irccs Neuromed e pubblicata sulla rivista scientifica ‘Cardiovascular Research’.
Giuseppe Lembo, professore della facoltà di Medicina dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma e direttore del dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina traslazionale, coordinatore dello studio clinico spiega: «Il problema è che di solito le alterazioni del sistema nervoso legate all’ipertensione vengono diagnosticate solo quando il deficit cognitivo diventa evidente, oppure quando la comune risonanza magnetica mostra chiari segni di danno cerebrale. In entrambi i casi, spesso è già troppo tardi per tentare di bloccare il processo patologico».
Proprio per superare queste limitazioni, i ricercatori Neuromed hanno impiegato una tecnica avanzata di risonanza magnetica, la cosiddetta trattografia, o ‘tensore di diffusione’ (DTI), attraverso la quale è possibile ricostruire i fasci di materia bianca per ogni soggetto e studiare l’integrità microstrutturale degli stessi, per ottenere una ‘firma’ del danno ipertensivo. Lo studio è stato condotto su un gruppo di pazienti ipertesi in trattamento farmacologico e messi a confronto con soggetti che presentavano una pressione arteriosa normale. Entrambi i gruppi sono stati anche sottoposti a una serie di test neuropsicologici per valutare le loro capacità cognitive.
Lorenzo Carnevale, ingegnere informatico e primo autore dello studio, aggiunge: «Abbiamo potuto vedere che, negli ipertesi, si riscontrava un deterioramento di quelle fibre nervose che collegano aree cerebrali tipicamente coinvolte nell’attenzione, nelle emozioni e nella memoria. Un aspetto importante da considerare è che tutti i pazienti studiati non manifestavano segni clinici di demenza e, ad un convenzionale esame radiologico di neuroimaging, risultavano privi di segni di danno. Naturalmente saranno necessari ulteriori studi, ma pensiamo che l’uso della trattografia potrà identificare precocemente le persone a rischio di demenza, permettendo interventi terapeutici tempestivi al fine di prevenire lo sviluppo della patologia».

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