Un’apparecchiatura di ultima generazione immersa nell’arte per creare una connessione con le persone che soffrono.
Il progetto Molise.Art presentato ieri alla Fondazione Giovanni Paolo II segue la scia del Gemelli.Art di Roma e permette alla bellezza di «dare speranza ai pazienti», ha spiegato il presidente della Fondazione Maurizio Guizzardi. «Questo centro deve valorizzare le cose belle della terra in cui operiamo – ha continuato -. È un qualcosa orientato verso l’emotività, noi lavoriamo per offrire ai nostri pazienti assistenza sanitaria di qualità, con particolare attenzione alla dimensione umana e spirituale in coerenza con i nostri valori di riferimento».
Presenti numerosi rappresentanti istituzionali della Regione Molise, delle associazioni del territorio, dei vescovi delle Diocesi molisane e dei sindaci che hanno offerto la loro collaborazione alla realizzazione dell’iniziativa.
L’incontro è stato moderato dal direttore generale del Centro di ricerca e cura Mario Zappia che ha sottolineato che la struttura «ha fatto un investimento importante, 6 milioni di euro. Il 45% dei nostri pazienti viene da fuori regione, questo perché siamo diventati un punto di riferimento non solo in Molise, ma anche nelle aree circostanti. Tutto grazie al personale che è riuscito a raggiungere dei risultati importanti con grande passione e dedizione, è il risultato di un bel lavoro di squadra».
Il destinatario del progetto Molise.Art è il paziente. Art non solo è l’acronimo del macchinario di ultima generazione della Radioterapia (Advanced Radiation Therapy), ma richiama proprio l’arte, «il ponte sulla bellezza», ha commentato Vincenzo Valentini, direttore della Radioterapia oncologica della Fondazione e del Gemelli.Art di Roma.
Nel 2012 è stato disegnato un nuovo reparto di Radioterapia al Gemelli di Roma con una progettazione multidimensionale. Sono stati ricreati in ogni sala dei luoghi di Roma: il giardino degli aranci, il Colosseo, Villa Tivoli e una sala è stata realizzata dal designer di Valentino che ha creato un mondo di natura molto evocativo. Per i bambini, invece, è stata creata un’ambientazione marina dove la macchina della Radioterapia rappresenta un sottomarino.
«La bellezza è amore realizzato e la scienza medica è anch’essa un’arte – ha affermato Valentini -. Tutto questo è stato possibile grazie alle donazioni, anche quelle dei pazienti che affrontano un momento molto delicato perché fanno i conti con la propria morte e si sentono soli. Trovano sollievo nel farsi curare, poiché il medico è anche educatore, cioè accompagna e fa capire come vivere questo momento di fragilità.
Stiamo attivando a Roma – ha proseguito – un master in “Umanizzazione della medicina e delle cure” dove portiamo gli studenti nei reparti a contatto con la gente per preparare i dottori ad accompagnare i pazienti durante i loro percorsi.
Un luogo che dà bellezza aiuta ad uscire da un percorso oscuro, aiuta l’uomo ad alzare la testa, soprattutto quando ha un tumore, ha paura, ha dolore ad affrontare il percorso di cura con un atteggiamento positivo e con la vicinanza di coloro che li seguiranno con questa altissima tecnologia giorno dopo giorno. Vogliamo valorizzare questo progetto per andare oltre le barriere che esistono.
Vincent van Gogh mentre dipingeva il ‘ritratto del dottor Gachet’ ha scritto una lettera al fratello Teo in cui affermava: “Questo medico è malato quanto me perché non mi guarda negli occhi”. Ecco noi vogliamo andare proprio contro questo».
Anna Rescigno, con la collaborazione della creativa Barbara Spidalieri, ha presentato l’idea di come il progetto Molise.Art dovrebbe realizzarsi. Innanzitutto il tema scelto è stato il tratturo, un riferimento al percorso che i pazienti fanno durante la malattia che è un viaggio lungo, fatto di momenti difficili e che all’arrivo ti porterà trasformato.
Il corridoio che conduce alla sala della Radioterapia è stato concepito come una strada verde (vedi i tratturi) e lungo le pareti ci sono le immagini dei luoghi lungo le antiche strade del pascolo con spessori diversi, anche sovrapposte per creare del movimento. Nella sala d’attesa invece ci saranno delle immagini che parlano delle persone, non solo delle fotografie ma anche delle parole. Per quanto riguarda l’allestimento della sala della terapia è stata coinvolta la street artist Luvi che dipingerà la visione che i pazienti hanno della malattia.
L’altra idea è una linea verde, una sorta di filo conduttore che forma un reticolo e che si trasforma in parole o immagini che incorniciano le fotografie che ci saranno.
Le nuove apparecchiature offrono la possibilità di caratterizzare la malattia con esami di imaging sia morfologico che funzionale. Sono eseguiti trattamenti altamente specializzati tramite tecniche radioterapiche all’avanguardia che, combinando imaging e Radioterapia, garantiscono estrema precisione, personalizzazione della cura, preservazione d’organo e di funzione, offrendo maggiori opportunità di guarigione.
Tra pochi giorni nella Fondazione sarà attivo e operante un nuovo Acceleratore lineare di ultimissima generazione, che permette di ridurre al minimo i danni ai tessuti sani, aumentando l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità dei trattamenti radianti somministrati.
L’apparecchio è infatti dotato dei più moderni sistemi di imaging e guida ottica che permettono in maniera rapida e precisa di “vedere” il bersaglio durante il trattamento con un alto grado di precisione e di correggere istantaneamente sia il posizionamento del paziente che le modalità di erogazione del fascio di irradiazione, in modo da riprodurre al millimetro il trattamento radioterapico pianificato.
«L’Acceleratore è dotato di un sistema ottico di telecamere che controlleranno anche gli spostamenti di pochi millimetri durante il trattamento – ha affermato Francesco Deodato, direttore dell’Unità operativa di Radioterapia – interrompendo l’irradiazione in caso di movimenti ritenuti eccessivi. Verrà monitorata anche la normale attività respiratoria».
Alla Fondazione Giovanni Paolo II viene eseguita quotidianamente la Radioterapia a fasci esterni: una tecnica che indirizza sul tumore le radiazioni prodotte dalle testate degli acceleratori lineari che ruotano intorno al paziente adagiato su un lettino.
Le altre metodiche applicate sono: la radioterapia conformazionale, la Radioterapia ad Intensità Modulata (Imrt), la Terapia Volumetrica Dinamica (Vmat) e la Radioterapia Stereotassica extracranica (Sbrt) su fegato, polmone, pelvi e stazioni linfonodali. L’Imrt, la Vmat e la Sbrt sono praticate tramite la guida di immagini 2D, ottenute beneficiando di Epid (Electronic Portal Imaging Device), con la possibilità di utilizzare anche il controllo del respiro (Gating respiratorio) o attraverso una dosimetria portale online. Con il nuovo acceleratore lineare sarà possibile effettuare trattamenti ancora più precisi, tra cui anche quelli stereotassici intracranici e tutti i trattamenti potranno essere di tipo Igrt, cioè guidati dalle immagini della Cone Beam CT, una vera e propria TC montata sull’acceleratore lineare.

noemi paduano

Mario Zappia: non vogliamo fermarci alla semplice cura, ma avere un’attenzione in più per la persona che soffre

Alla presentazione del progetto Molise.Art hanno partecipato anche i sindaci di diversi paesi molisani e il direttore generale della Fondazione Giovanni Paolo II Mario Zappia auspica che partecipino all’iniziativa «perché la Fondazione ha investito 6 milioni di euro per l’acquisto di una nuova macchina all’avanguardia per la Radioterapia che servirà ai malati oncologici con la malattia in stato abbastanza avanzato, però non vogliamo fermarci a questo. È importante aggiornare e rincorrere sempre l’evoluzione tecnologica. Ma vogliamo anche far sì che questi luoghi dove i pazienti e i loro parenti si recano siano anche belli e accoglienti e che non ti facciano pensare già a tutte le cose brutte che naturalmente si pensano in quella fase della vita. Quindi se riesci a mettere negli spazi, nel corridoio del reparto che ti accoglie, le bellezze che in questa regione ci sono, come ci sono a Roma dove è stato già realizzato, io penso che facciamo una cosa veramente bella, non solo esteticamente, ma anche per la psiche e per tutti quelli che verranno a usufruire di questi nostri servizi.
Già in questo 2018 abbiamo già il 45% di persone che vengono dalle altre regioni ad approfittare delle nostre cure.
Noi non vogliamo fermarci a quello che è la cura semplice, ma vogliamo migliorarla sia dal punto di vista tecnologico, sia avere un’attenzione in più alla persona e al paziente e a quello che può rappresentare l’ospedale. Vogliamo che l’ospedale sia bello, vogliamo che i locali siano quanto più possibile gradevoli per fare in modo che il pensiero non sia fisso solo su una determinata cosa che purtroppo c’è, ma vogliamo far godere anche qualcosa di bello che c’è nella vita».

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