Il numero di persone a cui viene diagnosticata la celiachia in Italia continua ad aumentare gradualmente. Nel 2017 i celiaci sono arrivati a 206.561 (pari allo 0,34% della popolazione), con oltre 8mila diagnosi in più, la metà rispetto a quelle dell’anno precedente grazie alle nuove procedure che permettono di ridurre gli esami superflui e gli errori.
A tracciare il quadro, il convegno organizzato dalla Aic – associazione italiana celiachia, sabato 2 marzo a Isernia. Ne parla il dottor Giuseppe Pirozzi, referente scientifico Aic Molise, membro direttivo Sied e dirigente medico della Fondazione “Giovanni Paolo II”.
Dottor Pirozzi, quali sono i dati della celiachia in Italia?
«La celiachia è una patologia prettamente femminile, visto che due terzi dei malati sono donne, e si concentra in alcune regioni. Quelle con il maggior numero di residenti celiaci sono Lombardia, Lazio, Campania ed Emilia Romagna, mentre quelle che ne hanno meno sono Valle d’Aosta e Molise. Se si analizza invece la percentuale di persone celiache rispetto alla popolazione, allora il primato spetta alla Sardegna, seguita da Toscana e Provincia Autonoma di Trento. Secondo i dati pubblicati dal Ministero, negli ultimi sei anni sono state registrate 57.899 nuove diagnosi, con una media di circa 10mila all’anno. Nel 2017 sono state per la precisione 8.134, circa la metà dell’anno precedente. Un risultato da collegare all’entrata in vigore del nuovo protocollo diagnostico due anni fa, che ha portato a un incremento delle diagnosi più moderato».
La celiachia è considerabile una malattia?
«Dal 2017, con la revisione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), la celiachia è stata inserita infatti tra le malattie croniche invalidanti, garantendo così l’esenzione per tutte le prestazioni sanitarie e gli alimenti senza glutine per celiaci, che devono coprire il 35% del fabbisogno energetico totale giornaliero da carboidrati senza glutine».
Qual è la terapia per la celiachia?
«L’unica prescrizione ‘terapeutica’ per la celiachia è un regime alimentare privo di glutine. La malattia ha come terapia una rigorosa dieta senza glutine ed è sempre più nota. Nonostante questo, il tempo medio di attesa della diagnosi può raggiungere gli otto anni a livello europeo, mentre in Italia sono 6 gli anni di accesso al Servizio sanitario nazionale prima di sapere per certo di essere celiaci».
A che età possono comparire i primi sintomi?
«La patologia può presentarsi a qualsiasi età, compreso lo svezzamento, quando viene introdotto il glutine, nell’infanzia e nell’adolescenza».
Ci sono ancora persone che non sanno di essere celiache?
«Per rispondere al problema delle diagnosi nascoste, gli esperti e le associazioni pazienti di tutta Europa sono impegnati a sensibilizzare per la diffusione di linee guida per migliorare la performance di diagnosi nei bambini. In Italia l’associazione pazienti ha contribuito alla diffusione del “Protocollo per la diagnosi e il follow up della celiachia”, che prevede, tra l’altro, particolari linee guida per la diagnosi nei bambini e negli adolescenti. A livello europeo è stato diffuso anche un manifesto per migliorare la diagnosi nei bambini».

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