Come il premier Conte, il generale Giustini ha fatto sapere ieri – attraverso la sua segreteria – che parlerà oggi pomeriggio dopo le 18.
Il commissario della sanità è ancora impegnato nel tentativo di portare negli ospedali molisani ufficiali medici in ausiliaria (ieri due incontri a Roma). Nessuna certezza al momento. Solo i 105 camici bianchi con le stellette individuati dal ministero della Difesa (fra loro anche quelli dell’Ordine di Malta). Hanno le specializzazioni che servono al Molise, ortopedia in primis (il reparto che rischia di chiudere domani a Termoli, a Isernia il primario ha chiamato l’unico specialista presente ad Agnone ma non è detto che basterà per garantire una turnazione regolare). Ma intanto devono dare la disponibilità a dare supporto ai colleghi civili delle corsie d’ospedale della regione. E poi ci sono passaggi burocratici e nullaosta ministeriali da acquisire.
Intanto il tempo corre inesorabile. E la sanità molisana diventa un ospedale da campo, a dispetto della svolta compiuta un paio di anni fa: di questi tempi nel 2017 l’Asrem avviava il primo piano straordinario di assunzioni da dieci anni a quella parte. A questa condizione non è estranea la carenza di specialisti che riguarda tutta Italia. Ma certo, come non ricordare che due mesi fa dai tecnici ministeriali è arrivato il no al richiamo in servizio dei medici pensionati. E che poi anche il ricorso alle società esterne è stato bloccato sempre da Roma. I pensionamenti e i turni di ferie fanno il resto. Né sfugge che mentre per la Calabria il governo gialloverde è ricorso a un decreto ad hoc, del collasso degli ospedali molisani nessuno sapeva nulla (o voleva sapere nulla) fuori dai confini regionali prima che il battage mediatico messo in piedi dal commissario sortisse almeno l’effetto di calamitare su Campobasso le attenzioni della stampa nazionale: ieri mattina la notizia apriva l’homepage del Corriere della Sera.
Magari i due ‘contraenti’ Di Maio e Salvini – peraltro avversari al ballottaggio del capoluogo molisano – potrebbero deporre l’ascia di guerra e capire come garantire il diritto alla salute ai molisani.
In attesa di novità, sul sos ai medici militari prende posizione la Federazione degli Ordini dei medici. Il presidente Filippo Anelli parla di «misura tampone» che «potrà avere qualche effetto positivo, a condizione che, per sostituire i colleghi, vengano chiamati colleghi della sanità militare che siano specialisti nelle branche scoperte». A suo parere la gestione del problema «non può essere lasciata in mano alle singole Regioni ma va gestita a livello centrale. Non servono misure emergenziali locali, che finiscono per forza di cose per essere incoerenti e disorganiche. Occorre una programmazione seria ed efficace del fabbisogno di specialisti, accompagnata da un piano a carattere straordinario e ‘a scadenza’ che, nelle more della formazione di un numero adeguato di nuovi specialisti, permetta agli ospedali di assumere gli specializzandi dell’ultimo anno».
L’Ugl Università individua la causa dell’emergenza nel numero chiuso di Medicina, che chiede di eliminare, e nel numero fin troppo esiguo di posti disponibili nelle scuole di specializzazione. «Bisogna ampliare l’offerta formativa, implementando il numero di docenti e sfruttando gli operatori che lavorano già all’interno della rete formativa (medici, infermieri, tecnici dei policlinici)», dice il segretario nazionale Raffaele Lanteri.

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