A fine maggio avrebbe dovuto tenersi il confronto fra sindacati, azienda sanitaria e Regione Molise sulle procedure e sui tempi di assunzione del personale che manca.
Stabilizzazioni e mobilità sono in stand-by da quando la notifica del verbale del tavolo tecnico ha bloccato di nuovo il turnover: per siglare l’ultimo atto, il contratto, bisogna attendere che il decreto Calabria diventi legge e sancisca quindi che al disavanzo di bilancio non consegue, in automatico, lo stop alle assunzioni.
«Intanto però la mancata verifica con l’Asrem e con la Regione Molise è un altro impegno non mantenuto», sbotta Carmine Vasile. Il segretario della Fials vede a rischio quanto è stato concordato in sede di stesura del piano triennale del fabbisogno che «per giunta non teneva nemmeno conto dei pensionamenti per chi aderisce a quota 100. Le nuove assunzioni previste si faranno dopo l’approvazione del decreto Calabria?».
L’allarme del sindacalista, però, è più ampio.
«Per capirci: qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di aver portato la situazione della sanità molisana a un livello di crisi mai visto prima. Oggi non sono più assicurati i livelli essenziali di assistenza e la tutela del diritto alla salute dei nostri concittadini con la conseguenza che le liste di attesa diventano la principale causa di rinuncia alle cure».
Perché dice questo Vasile? «È semplice spiegarlo. Ed è allo stesso tempo paradossale. Da una parte è confermato il blocco totale delle assunzioni, le prove concorsuali per medici vanno a rilento e quelle di stabilizzazione per infermieri sono state rinviate al 9 luglio solo per una parte di infermieri interessati, è di oggi la notizia. Dall’altra, si pensa a richiamare in servizio medici in quiescenza o addirittura militari. Ma cosa sta succedendo? Non esiste più una regia logica né nazionale, né regionale e di conseguenza nemmeno a livello aziendale».
L’appello del responsabile regionale della Fials è alla classe dirigente, agli eletti nelle istituzioni regionali e nazionali, ai sindaci. «Cercare i colpevoli, mi rendo conto, non serve a risolvere i problemi. Però ci si deve assumere la responsabilità di agire tutti insieme. La situazione è diventata intollerabile, un intervento si impone a tutela dei lavoratori della sanità e dei pazienti bisognosi di cure sul territorio, a partire dalle visite specialistiche e ambulatoriali agli accertamenti diagnostici anche per evitare le file nei pronto soccorso dei nostri ospedali. Mancano medici specialisti, mancano però anche infermieri, tecnici di radiologia e di laboratorio, portantini, operatori socio sanitari e personale amministrativo». Negli ultimi dieci anni, il taglio indiscriminato di posti letto e la chiusura di reparti di vitale importanza ha portato alla riduzione del personale, la sola Asrem ha perso – senza rimpiazzarle – mille unità, porta il conto Vasile. E per i prossimi anni si paventa un’ulteriore contrazione del finanziamento del sistema sanitario nazionale pari a 3,5 miliardi.
«Insomma, la situazione è drammatica. L’Italia è 35esima su 36 Paesi Ocse. Io non dico che bisogna continuare ad accendere mutui, ma neanche si può continuare ad assistere impotenti a pronto soccorsi intasati, malati lasciati sulle barelle in attesa di ricovero o di prestazioni specialistiche. Dopo oltre dieci anni di commissariamento il servizio sanitario regionale è ridotto a un colabrodo e il debito si attesta ai livelli degli anni precedenti. Non è più rinviabile la mobilitazione degli operatori del settore e credo che al loro fianco debbano scendere i cittadini. Gradiremmo, in verità, che alla mobilitazione partecipassero anche i sindaci e le associazioni di rappresentanza dei cittadini. Senza alcun riferimento logico e senza una visione organica, non hanno alcuna efficacia – conclude – nemmeno le scelte tampone operate per alcune carenze».
r.i.

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