Autunno nero per i commissari della sanità. Le iniziative politiche delle ultime settimane che puntano a sostituire essenzialmente il generale della Finanza nominato dal governo gialloverde perché indicato dalla Lega non aiutano Angelo Giustini ma nemmeno sembrano determinanti. Giustini ha problemi più grossi. I molisani, con tutto il rispetto per il generale, hanno problemi più grossi.
Il verbale del tavolo tecnico del 24 luglio scorso è fin troppo chiaro: il bilancio regionale non ha ancora versato alla sanità i 4,2 milioni della fiscalità, la giunta Toma ha sì approvato (il giorno prima della riunione a Roma) una proposta di variazione dei conti che copre tutto il disavanzo 2018 (15,6 milioni compresi i 4,2) ma a tutt’oggi il disegno di legge non è stato ancora approvato dal Consiglio. Tamquam non esset, per i tecnici guidati dal dg del Mef Angela Adduce: è come se non esistesse. Per il 2019, inoltre, si stima una perdita di 19,5 milioni. E in questo anno si potrà contare solo sulle tasse, Irpef e Irap frutteranno circa 18 milioni. Un disavanzo da un milione e mezzo, tutto sommato gestibile. O no? Non è così a leggere anche solo le ultime quattro pagine del verbale, il riassunto di quel che non va e l’anticipazione di una sentenza: si sta profilando la mancata attuazione dell’accordo del 3 agosto 2016, il patto firmato nella Stato-Regioni che approva il programma operativo straordinario 2015-2018 (completato per circa l’80% ma messo a rischio da censure che i tecnici muovono da mesi). Mancata attuazione vuol dire sanzioni, tra queste il «conseguente recupero delle somme già erogate»: si tratta dei 40 milioni che il governo Renzi stanziò per coprire parte del deficit della sanità molisana ed erogato a scaglioni (il 50% previa verifica positiva sull’annualità 2016, il 30% all’ok sul 2017 e il restante 20% per il 2018). Dunque, rischiamo di dover restituire 32 milioni e di non ricevere mai i restanti 8? E anche il contributo straordinario ricevuto dalle altre Regioni per un totale di 73 milioni? Così sembrerebbe a leggere il verbale di luglio. Il verdetto, per ora, è negativo ma posticipato. Nel senso che il tavolo non ha dato parere positivo sul 2018 aggiornando tuttavia ogni valutazione alle prossime riunioni.
Pur nel linguaggio impersonale, burocratico e standardizzato del verbale è piuttosto evidente come quel vertice pre ferie sia stato un bagno di sangue per commissari e direzione Salute della Regione. La Adduce non ha regalato il miglior commiato prima delle vacanze a Giustini, alla sub Ida Grossi e alla dg Lolita Gallo.
Sul nuovo piano operativo, che non sarà straordinario, nessun accenno: pervenuto in ritardo rispetto alla scadenza prevista, comunque l’invito ai commissari Giustini e Grossi è a rendere tutti i provvedimenti di programmazione 2019 coerenti con il piano 19-21, dal punto di vista sanitario e finanziario.
Due le note più dolenti. Intanto, «il grave ritardo con cui sono state parzialmente impegnate le risorse relative alla manovra fiscale obbligatoriamente destinata all’equilibrio del servizio sanitario regionale», quindi la vicenda dei 4,2 milioni. Tavolo e Comitato Lea sul punto richiamano «quanto disposto dall’articolo 20, comma 3-ter, del decreto legislativo 118/2011, per cui le manovre fiscali destinate all’equilibrio economico del servizio sanitario regionale di una Regione in piano di rientro sono obbligatoriamente accertate e impegnate dal bilancio regionale e possono essere disimpegnate solo a seguito di espressa autorizzazione dei tavoli tecnici. Il bilancio regionale, pertanto, non dispone di tali aliquote che sono obbligatoriamente destinate al Ssr».
Sempre sul fronte finanziario, nel 2018 per il quarto anno consecutivo la Regione non ha erogato al proprio servizio sanitario il 100% delle risorse incassate nel 2018. In particolare, non sono stati trasferiti 10,6 milioni di euro. Al 31 dicembre scorso, evidenzia il verbale, sul conto della tesoreria della Gsa erano giacenti 22,7 milioni, non utilizzati per pagare i fornitori né trasferiti all’Asrem.
Una sorta di cane che si morde la coda, segnalano i tecnici: la Regione non trasferisce e i tempi di pagamento non vengono rispettati.E il fatto che Asrem paghi nel 57% dei casi i suoi fornitori oltre i tempi normativi è l’unica censura seria e significativa mossa all’azienda sanitaria da parte del tavolo Adduce a luglio scorso. Con il richiamo a subordinare il 30% dell’indennità di risultato del direttore generale al rispetto dei tempi. Per il resto, una curiosa inversione di tendenza rispetto a non molti anni fa. Quando l’azienda di via Petrella era definita da Roma come «fuori controllo» e la struttura commissariale e la direzione Salute prendevano sempre meno ‘botte’ negli anni. Chiuso in pareggio nel 2018 un bilancio che gestisce 480 dei complessivi 580 milioni che Roma invia in Molise per la sanità, ora il tavolo tecnico dice che è Asrem a trascinare positivamente il consolidato (che riunisce il consuntivo aziendale e quello della Gsa).
Adesso è l’azienda a prendere sempre meno ‘botte’. Lasciata sostanzialmente ‘in bonis’ dall’ex dg Gennaro Sosto e in attesa del futuro direttore che tocca al presidente Toma individuare. Certo, la fase di transizione non risparmia qualche cortocircuito: come quello di ieri sugli interventi di Senologia, centralizzati a Campobasso da un provvedimento del facente funzioni Lucchetti e oggetto poi di un accordo diverso fra i chirurghi interessati e il direttore amministrativo Forciniti. Tutto sommato, normale dialettica rispetto all’Asrem di qualche tempo fa. Quando nella Capitale, raccontano i protagonisti di allora, l’ex potentissimo capo del tavolo tecnico Massicci non aveva piacere neanche ad avere alle riunioni i vertici dell’azienda sanitaria molisana. O li strapazzava senza pietà. Leggende? Forse, ma anche no. A luglio pare che invece il più strapazzato di tutti sia stato il commissario Giustini, a cui pure nel verbale vengono spesso ricordati competenze e oneri. Sulla verifica e tenuta dei conti e sulla gestione dei rapporti con i due privati convenzionati direttamente con la Regione, Neuromed e Cattolica. Già, perché l’altra nota dolentissima – e pure qui essenzialmente la Adduce ce l’ha con Palazzo Vitale – è quella relativa ai contratti e all’extrabudget. La raccomandazione, anche qui, è a controllare le prestazioni rese dalle strutture a gestione diretta della Regione perché il pure il mancato controllo per il tavolo tecnico configura la mancata attuazione del Pos 2015-2018. Con le note e nefaste conseguenze del caso.

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