Se per il programma operativo straordinario 2015-2018 – approvato con un accordo fra lo Stato e le Regioni e blindato come articolo di legge nazionale (la manovrina 2017) – si rischia la mancata attuazione, del nuovo piano operativo non esiste traccia se non in bozza.
Bozza al vaglio istruttorio dei Ministeri, ma di cui da tempo in regione si dice che sia costruita abbastanza lontano da via Genova, o perlomeno messa insieme a Roma, all’Agenas.
Mentre l’assenza – a fine settembre del primo anno di vigenza teorica – del nuovo piano operativo è legittimamente un fatto grave per la politica e le istituzioni molisane, per i tecnici del tavolo Adduce non l’inadempienza più grave dei commissari Giustini e Grossi. Anche perché il decreto di nomina del generale della Finanza e dell’ex dg dell’Asl di Asti mette in cima ai loro compiti l’attuazione del piano Frattura. Per buona amministrazione e perché – lo ripete più volte il verbale arrivato da qualche settimana in Molise – su quel piano il governo nazionale e le altre Regioni hanno investito soldi, i 40 milioni della finanziaria 2015 di Renzi e i 73 del contributo di solidarietà: i primi non del tutto erogati, manca la terza e ultima tranche da 8 milioni, gli altri invece tutti arrivati a copertura del disavanzo fino al 2017.
La mancata attuazione, per Roma, si profila sotto vari aspetti: non realizzare azioni previste da quel piano, per esempio l’integrazione fra Cardarelli e Cattolica, oppure compromettere con scelte o mancati controlli la gestione del servizio sanitario regionale.
Partiamo dall’integrazione. Simbolo anche controverso – perché avversato da alcuni settori della sanità pubblica – del piano Frattura che punta sulla realizzazione di una cittadella della salute a Campobasso: nell’edificio della Cattolica, assai più nuovo e performante del Cardarelli, un unico ospedale che unisca le eccellenze dell’uno e dell’altro oggi ubicati a poche centinaia di metri (e a distanza siderale se si tiene conto di alcune spiccate rivalità). Nel 2018 era quasi tutto pronto, poi i rilievi dei Ministeri a poche settimane dal voto. E l’idea è finita in soffitta. Non per Roma, che anzi sollecita ad ogni riunione novità. A luglio finalmente una ce n’è stata: i commissari hanno chiesto un tavolo di affiancamento dei Ministeri per definire il progetto vista la complessità degli aspetti organizzativi e giuridici dell’integrazione (a maggior ragione ora che la Fondazione sta per cambiare inquadramento). Il tavolo ha comunque sollecitato Giustini e Grossi a inviare una proposta, che sarà poi approfondita nell’incontro operativo.
Capitolo scelte e controlli. In prima battuta, il deficit: 4.2 milioni di fiscalità non trasferita dal bilancio Regione a quello sanità e gli accantonamenti per l’extra budget prodotto dai privati (19.6 milioni quello di Neuromed e Cattolica, circa mezzo milione quello dei privati gestiti dall’Asrem). Per il tavolo tecnico, inoltre, lo sforamento del budget ha rilievo in sé, oltre che per il fatto che è un disavanzo. Tanto che raccomanda «ancora una volta la struttura commissariale a controllare le prestazioni rese dalle strutture private accreditate a gestione diretta, al fine di evitare il costante ripetersi di tale situazione, stante anche la chiusura delle partite pregresse avvenuta nel 2015 con le due strutture, con il riconoscimento di 84 milioni (46 milioni per il Neuromed e 38 per Cattolica e Fondazione) cui era collegata peraltro la chiusura definitiva del contenzioso». Il mancato controllo sulle prestazioni, rileva il tavolo, determina maggiori oneri per il servizio sanitario regionale con rilevanti conseguenze di gestione. E si configura come mancata attuazione del Pos 2015-2018.
Pelo e contropelo pure ai decreti o schemi di decreto del commissario Giustini che approvano gli schemi di contratto per l’acquisto di prestazioni da privati (tutti, non solo quelli a gestione diretta) per assistenza residenziale extra ospedaliera, ospedaliera e ambulatoriale: la richiesta è sempre di inserire la clausola secondo cui l’erogatore può fatturare esclusivamente le prestazioni nei limiti del budget assegnato e che non verranno riconosciute prestazioni extrabudget.
È questo il leitmotiv degli ultimi mesi, l’elemento che ha incrinato un rapporto con Roma che non è mai stato d’amore (ai tempi di Iorio una guerra continua) ma che negli anni di Frattura pareva essersi normalizzato. Cosa è accaduto nei mesi in cui la struttura commissariale è stata senza capo?
La durezza dei rilievi del verbale di luglio, anche in merito ai ritardi con cui la direzione Salute trasferisce le risorse all’Asrem (e con cui la Regione versa i soldi delle tasse alla direzione Salute), dà l’impressione che in via XX Settembre abbiano messo nel mirino Palazzo Vitale perché ritengono che la gestione della sanità non sia in linea con il piano di rientro.
A Roma ragionano solo sui numeri, è la critica di sempre al sistema dei commissariamenti. Ed è fondata. Ragionieri, mentre il territorio ha altre esigenze. Ma certo, l’andamento della riunione di novembre scorso non lasciava presagire questo nuovo inasprimento dei rapporti che in definitiva (soprattutto nell’ipotesi sciagurata che la Regione dovesse essere chiamata a restituire le risorse arrivate da Roma per il ripianamento del deficit) si ripercuote proprio sul territorio e i molisani. Bloccati in un tunnel chiamato ‘sanità commissariata’. Avevano intravisto l’uscita e ora, a meno di soluzioni immediate e concrete, sono di nuovo al buio. Buio pesto.
ritai

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