In Molise nel 2018 l’unica struttura ospedaliera che ha effettuato operazioni per tumore maligno all’ovaio è la Fondazione Giovanni Paolo: 23 interventi. Quanto al volume d’interventi per tumore maligno all’utero, in prima posizione c’è sempre la Fondazione (65 operazioni) seguita dal San Timoteo di Termoli (sette).
Sul portale doveecomemicuro.it ora è possibile confrontare i dati relativi alle operazioni per tumore maligno all’ovaio, la fonte è il Programma nazionale esiti 2018 di Agenas, edizione in cui è stato introdotto per la prima volta il nuovo indicatore. L’aggiornamento di doveecomemicuro.it ha riguardato anche gli indicatori precedentemente inseriti, ompreso il volume d’interventi per tumore maligno all’utero, altra importante neoplasia ginecologica.
«L’alto numero di interventi eseguiti in un anno è il primo elemento di cui tenere conto al momento di scegliere la struttura in cui operarsi, perché indicativo dell’esperienza ccumulata da un ospedale. Una vasta letteratura scientifica, infatti, dimostra come un importante volume di attività abbia un impatto positivo sugli esiti delle cure», spiega Elena Azzolini, medico specialista in sanità pubblica e membro del comitato scientifico del portale.
Le strutture pubbliche o private accreditate che effettuano almeno cinque interventi in un anno per tumore maligno all’ovaio in Italia sono 183: il 54,6% (100 strutture) si trova al nord, il 18,6% (34 strutture) al centro e il 26,8% (49 strutture) al sud. Della totalità degli interventi eseguiti, il 56% è stato effettuato al nord, il 22% al centro e il 22% al ud.
Le strutture pubbliche o private accreditate che effettuano almeno cinque operazioni in un anno per tumore maligno al’’utero sono, invece, 343: il 50,4% (173 strutture) si trova al nord, il 20,4% (70 strutture) al centro e il 29,2% (100 strutture) al sud. Del totale degli interventi, il 52% è stato effettuato al nord, il 23% al centro e il 25% al sud.
Secondo quanto riportato dal Pne 2018, la soglia oltre la quale diminuisce marcatamente il rischio di residui tumorali – fattore associato a minori probabilità di sopravvivenza a cinque anni dall’operazione chirurgica per tumore ovarico – è di 20 interventi annui. In Italia, questo valore di riferimento viene raggiunto solo dal 28% delle strutture: il 60% si trova al nord, l’11% al centro e il 29% al sud.
Il tumore maligno all’utero è la più frequente neoplasia ginecologica dopo quella al seno. Sebbene si contino circa 8.000 nuove diagnosi ogni anno, di questo carcinoma si muore sempre meno grazie alle campagne informative e ai traguardi raggiunti nella diagnosi e nelle cure. L’esame utile per prevenirlo è il Pap test da ripetere una volta ogni tre anni a partire dai 25 anni. Il tumore ovarico rappresenta, invece, circa il 30% di tutti i tumori maligni dell’apparato genitale femminile. Nel 2018 sono stati diagnosticati circa 5.200 nuovi casi (fonte Aiom). «Si stima che il rischio di sviluppare questo tumore nell’arco della vita di una donna sia di 1 su 75» , spiega Giovanni Scambia, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Gemelli.
Ad oggi, non esistono programmi di screening efficaci per la prevenzione del tumore ovarico sporadico, fatta eccezione di quelli per le pazienti portatrici di mutazione genetica (geni BRCA1-BRCA2), che predispone a questo tipo di carcinoma. Ai test per identificare la presenza della mutazione dovrebbero sottoporsi le donne con familiarità per neoplasie ginecologiche. Mentre quante presentano una sintomatologia sospetta dovrebbero rivolgersi tempestivamente a uno specialista.
Per quanto riguarda il tumore all’ovaio, il 33.3% delle molisane sceglie di curarsi in altre regioni mentre il 66.7 si cura in Molise. Dove il 53.8% degli interventi è eseguito su pazienti non residenti in regione. Queste invece le percentuali per le operazioni di tumore all’utero: il 31.8 delle donne si cura fuori regiona, il 68.2 invece qui. Il 42.3% di interventi è eseguito su non residenti.

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