Poveri e per giunta anche tristi, non parlano più di politica, non si fidano di chi governa. Ripongono però ancora un po’ di fiducia nei sindacati. Dopo l’ultimo rapporto Svimez, a chiudere la cornice della fotografia del Mezzogiorno e dell’Italia in genere ci ha pensato il Censis con la relazione annuale sull’andamento della situazione sociale nazionale dell’anno che sta per finire.
Che siamo poveri lo sapevamo da un pezzo ormai, non sapevamo invece di essere diventati molto ansiosi per il futuro: il Censis racconta infatti che il 69% degli italiani guarda al domani con molta incertezza, pessimista è il 17% della popolazione, ottimista solo il 14%. Il 63% degli operai crede che in futuro resterà fermo nella condizione socio-economica attuale, perché è difficile salire nella scala sociale. Il 64% degli imprenditori e dei liberi professionisti teme invece la scivolata in basso.
La politica? Un argomento che non interessa quasi a nessuno. Segno che gli italiani non si fidano più di chi governa. Solo il 19% degli italiani parla di politica quando si incontra, mentre il 76% non ha fiducia nei partiti, con la percentuale che sale all’81% tra gli operai e all’89% tra i disoccupati. E l’astensionismo al voto, al 30%, ne è il perfetto indicatore.
E nel Molise? «In Molise – commenta Tecla Boccardo – siamo combinati ancora peggio in quanto alle note di levatura nazionale, qui da noi percepiamo anche un forte distacco dalla classe dirigente e dai suoi protagonisti, un’assistenza al cittadino sempre decrescente, special modo in sanità e servizi sociali; trasporti ormai senza più aggettivi per qualificarli; impresa e lavoro ormai relegati a poche attività; una pubblica amministrazione che fa fatica a tenere insieme i pezzi».
E il sindacato come ne esce da questo scatto impietoso? Nonostante discussioni e confronti «riusciamo ancora a conservare una certa fiducia da parte dei cittadini – commenta la leader della Uil -, soprattutto grazie alle contrattazioni degli ultimi mesi che hanno visto rinnovare decine di contratti da un lato, dall’altro riaprire una discussione con i governi ultimi, tornando a essere interlocutori autorevoli».
«Ma dinanzi a questa crescente sfiducia – aggiunge Boccardo – non possiamo non rimetterci al centro e riaccendere i riflettori su queste problematiche. E lo faremo ancora una volta, in questo straordinario anno di mobilitazione, con #FuturoAlLavoro, dal 10 al 18 dicembre insieme a Cgil e Cisl, con tre manifestazioni che si svolgeranno in Piazza Santi Apostoli a Roma.
Il 10 dicembre sarà dedicata alle questioni del Mezzogiorno, dell’industria, dei servizi e di uno sviluppo sostenibile, per la riforma degli appalti e dello “sblocca cantieri.
Il 12 dicembre per chiedere il rinnovo dei contratti pubblici e privati, il superamento dei contratti pirata, la riforma e le assunzioni nella Pubblica Amministrazione; il 17 dicembre sulla riforma fiscale per una redistribuzione a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e per ridurre il fenomeno dell’evasione; sulla previdenza, per un’effettiva rivalutazione delle pensioni per chiedere un welfare più giusto e una legge sulla non autosufficienza. Insomma, saremo nuovamente e unitariamente in piazza, perché è la piazza il nostro luogo di lavoro e confronto, e da dove facciamo partire le nostre rivendicazioni. Ma questa volta, conclude Boccardo, è necessario farlo ancora con più convinzione, perché siamo consapevoli che gli italiani stanno perdendo la loro proverbiale gioia di vivere e la loro fiducia, nonostante abbiamo la fortuna di vivere in un Paese straordinario e che può tornare a risplendere anche nella qualità della vita e in termini di approccio alla quotidianità»

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