Incontri speciali sulla spiaggia, come quello che abbiamo avuto col dottor Pierpaolo Rivello. Già magistrato, dopo essere stato Procuratore Capo presso il Tribunale militare di Torino e successivamente Presidente del Tribunale militare di Sorveglianza, avente sede a Roma, agli inizi del 2016 è stato nominato Procuratore Generale militare presso la Suprema Corte di Cassazione, carica apicale di questo ramo della magistratura. In precedenza aveva fatto parte del Comitato ministeriale per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra. Nel gennaio 2018 ha lasciato la magistratura per intraprendere l’attività forense presso l’Ordine degli Avvocati di Torino. Il Consiglio della magistratura militare lo ha insignito del titolo di Procuratore Generale militare emerito presso la Corte di Cassazione. Ha sempre abbinato all’attività di magistrato quella di docente. Ha insegnato diritto e procedura penale militare a Torino, poi procedura penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa e presso l’Università Statale “Bicocca” di Milano. Nell’anno accademico 2005/2006 è stato docente titolare del corso di procedura penale presso l’Università “Bocconi” di Milano; detto impegno universitario è proseguito negli anni seguenti fino all’anno accademico 2008/2009. Nel marzo 2017 ha vinto la tornata unica nazionale per professore di prima fascia di procedura penale. E’ attualmente docente di diritto penale e penitenziario presso il Dipartimento di cultura, politica e società dell’Università di Torino. Ha al suo attivo oltre quattrocentosettanta pubblicazioni, ivi comprese sedici monografie. Lo abbiamo intervistato sulla spiaggia di Rio Vivo, al lido Corallo. E’ stato in Molise, ospite di un amico a Campomarino e ha espresso giudizi lusinghieri sulla nostra regione. «Una terra che non conoscevo, mi piace molto, persone simpatiche, zone splendide, dal punto di vista del paesaggio e non solo. Un posto bello, che suggerisco anche ad altri, ma dovrebbe essere più valorizzato. Poco conosciuto, purtroppo». Nel corso della sua carriera da Procuratore militare si è trovato a dover istruire procedimenti divenuti celebri, su criminali nazisti e ad esempio la collusione di alcuni militari della Guardia di Finanza, ultima inchiesta gestita dall’allora Pm Antonio Di Pietro. Al Procuratore Rivello abbiamo chiesto un suo pensiero su quanto avvenuto di recente alla caserma dell’Arma Levante di Piacenza.
«Mele marce ci sono in ogni settore, l’inchiesta è particolare perché il coinvolgimento sarebbe generale, io difendo qualcuno che ha una posizione marginale, quasi del tutto estranea alla vicenda». Fatti avvenuti a pochi mesi di distanza dalla sentenza sul caso Cucchi.
«Bisogna evitare le generalizzazioni. Vi è un numero di soggetti limitato nelle forze armate che non sono un modello e ben vengano le inchieste che smascherino questi comportamenti».
A Rivello abbiamo chiesto anche un punto di vista sul corto circuito avvenuto nella Magistratura.
«Sulla Magistratura è avvenuta una cosa molto triste, proprio la Magistratura italiana che ha fatto tantissimo per il nostro Paese, dalla lotta al terrorismo e poi l’impegno quotidiano con tanti magistrati morti nella lotta alla mafia, anche qui vi sono stati alcuni soggetti che indubbiamente hanno sbagliato, ma come avvenuto anche per le forze dell’ordine, mai confondere il comportamento dei singoli con il complesso, poiché la magistratura italiana lavora molto bene. Dico una cosa che è poco conosciuta dalla cittadinanza italiana, il livello di produttività della magistratura italiana è tra i più alti al mondo».
Secondo Rivello il numero di cause in giacenza o i tempi molto lunghi dipendono da una serie di problematiche, l’accumulo di procedimenti, una certa litigiosità, e la mancanza di interventi tecnici volti a garantire quello che gli anglosassoni chiamano speedy trial clause, ossia la celebrazione rapida dei processi.
«Inoltre, non hanno attecchito i riti alternativi, come patteggiamento e rito abbreviato, negli Usa, ad esempio, giunge a dibattimento una percentuale ridottissima dei procedimenti, meno del 10%, mentre da noi i dati sono completamente rovesciati. Oltre alla fattispecie dell’obbligatorietà dell’azione penale, che rappresenta sì una garanzia per i cittadini, laddove tutto il malaffare viene perseguito, senza influenzamenti o incidenze dell’esecutivo, con i reati al riparo dai condizionamenti della politica e del Governo, ma in questo modo procure e tribunali si trovano a doversi occupare di una massa stragrande di procedimenti».
Per Rivello, una buona riforma della giustizia partirebbe dalla mentalità più che dai tecnicismi, da noi magistratura e avvocatura vanno in frizione, atteggiamento stigmatizzato già dal Calamandrei, mentre dovrebbero essere membri di una famiglia unica, come avviene in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove si respira un grande humus culturale comune, si raggiungesse questo, tutto diventerebbe più semplice, al di là delle riforme tecniche che senza dubbio occorrono, per giungere a processi rapidi, specie nel civile. Rivello poi accende riflettori sull’importanza della Corte dei Conti, che negli ultimi anni ha lavorato molto e molto bene, vedendo accrescere enormemente la sua importanza.
«Oggi ci sono figure, basti pensare all’amministratore locale, ma non solo, che temono più il giudizio della Corte dei Conti, che la magistratura ordinaria, in passato c’erano più forme di abuso di quelle attuali».

Emanuele Bracone

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