Caro direttore,

Le sarà capitato di sentirsi dire: “faccio il vaccino perché così posso viaggiare”, oppure “perché così posso tornare in palestra” o ancora “perché così posso andare al pub”. A me sì, e spesso.

Non si stupisce di tali motivazioni? In altre parole: mi vaccino così posso continuare a spassarmela come in passato. Della mia e dell’altrui incolumità chi si cura? Il signor nulla, l’importante è godersela.

Ecco perché tanti giovani sono corsi a frotte negli hub di vaccinazione. Non da meno, però, sono stati gli adulti, smaniosi di rimettersi su un aereo piuttosto che su un treno.

Quello che sto vedendo in questi mesi è una grande confidenza in uno sconosciuto testato per pochissimi mesi in laboratorio e nella sua fase sperimentale preponderante ora, cioè sull’essere umano.

C’è stato un guasto alla lavatrice, ho chiamato il tecnico, è venuto, ha riparato quello che doveva riparare e ora posso tornare a fare i lavaggi di sempre. Questa è la mentalità, e invito a darmi una smentita con dati alla mano.

Impantanati nelle sabbie mobili della protervia, ottusi dinanzi a ciò che realmente ci sta accadendo, irremovibili nel non voler riconoscere che siamo delle creature finite ed imperfette, fiduciosi solo di ciò che si tocca con mano e che si vede con i propri occhi, siamo qui a prefigurarci un futuro che ricorda il nostro passato pre-pandemia, fatto di errori, vizi, contraddizioni, tanta presunzione. E ce lo ripetiamo pedissequamente dicendo “andrà tutto bene”.

Chi si è vaccinato contro la poliomielite o il vaiolo non lo ha fatto per riempire le strade di tavoli, bottiglie di birra e rimanenze fisiologiche dei propri bagordi, né tantomeno lo ha fatto per immergersi nell’atmosfera alienante di una discoteca.

Questa è la differenza tra i decenni passati e la nostra era. Siamo diventati i trombettieri del godimento a tutti i costi, dell’apatia quando dovrebbe esserci l’intervento fattivo, e dell’intervento quando dovrebbe esserci l’astensione.

Questa vicenda sta mettendo in luce tutta la nostra precarietà. Il confronto tra i numeri dell’anno scorso del medesimo periodo e di quelli di quest’anno ci dovrebbe indurre a riflettere sull’eccessiva fiducia in un vaccino che è giunto quando meno te lo aspetti e sulla denigrazione delle cure farmacologiche, per quanto sostenute da uomini di scienza. Eh già, perché c’è la scienza ben finanziata dalle elite e quella più plebea di chi fa ricerca per il bene dell’uomo e basta.

Più leggo i giornali ed ascolto i programmi sull’argomento, più mi convinco che c’è una narrazione a senso unico che impedisce ad una voce critica di intromettersi per spiegare le proprie ragioni. Non mi viene più da parlare di democrazia quando rifletto su tutto questo.

Grazie se non vorrà ignorare la mia missiva.

Con i migliori saluti

Rita De Rubertis

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