Maurizio Stirpe, vice presidente di Confindustria, intervistato dal Corriere della Sera, ha definito la legge sul salario minimo «un danno».
«Il governo vuole fissare per legge il salario minimo in modo da aiutare i lavoratori più deboli. Ma l’effetto potrebbe essere esattamente opposto», la sintesi del ragionamento del numero due degli industriali.
Diversa l’interpretazione del capo politico del Movimento 5 stelle, ‘padre’ della legge che, se approvata, fisserà un tetto minimo per la retribuzione oraria dei lavoratori: 9 euro lordi.
«Ho letto – il commento di Luigi Di Maio – l’intervista del vice presidente di Confindustria, Maurizio Stirpe, sul salario minimo. Intanto fatemi dire che è già un bene che si inizi a parlare, finalmente, di diritti dei lavoratori.
Veniamo da un’epoca in cui i partiti, specie il Pd, avevano dirottato il dibattito pubblico sull’abolizione dell’articolo 18, sulla privazione, appunto, dei diritti.
Oggi possiamo invece dire di essere tornati a parlare di dignità del lavoratore, il che, lo ripeto, lo considero un grande passo avanti compiuto grazie al lavoro del MoVimento 5 Stelle e di una proposta di legge che, oltre ad aver inserito nel contratto di governo, abbiamo già presentato in Parlamento».
Di Maio tira dritto e spiega: «Il primo dato è questo: il salario minimo si farà, perché è nel contratto! E perché già esiste in molti Paesi europei!
Il secondo dato è la proposta: nella legge Catalfo (M5S) prevediamo di fissare per legge una soglia di almeno 9 euro lordi l’ora al di sotto della quale non si può scendere. In sostanza, contratti da 3 o 4 euro l’ora come se ne vedono oggi non saranno più consentiti, perché 3 o 4 euro l’ora non è lavoro, è schiavitù.
Nei giorni scorsi un piccolo imprenditore su un quotidiano del Sud si lamentava di non riuscire a trovare personale per la stagione estiva e per questo dava la colpa al reddito di cittadinanza.
Ormai è sempre colpa del reddito di cittadinanza, anche se scivoli dalle scale o ti macchi il vestito è colpa del reddito. Ironia a parte, l’offerta dell’imprenditore erano 800 euro al mese per otto-dieci ore di lavoro al giorno, sei giorni a settimana su sette. Se fate un rapido calcolo siamo a meno di 3 euro l’ora. Ora capite perché non ha ancora trovato personale?».
Secondo il leader dei 5 Stelle, «chi attualmente accetta simili retribuzioni è perché non ha alternative, perché è in serie difficoltà economiche e c’è chi se ne approfitta».
Ma di Maio da anche atto a «migliaia di piccoli, medi e grandi imprenditori che i propri dipendenti non li sottopagano, anzi, li difendono. Alcuni li trattano come fossero dei figli e a queste persone va il mio profondo riconoscimento e quello di tutto il governo».
Tornando alla posizione degli industriali, il vicepremier, ministro al Lavoro, afferma di «non voler sollevare polemiche o altro, anche se trovo paradossale che ogni volta che qualcuno provi a parlare di diritti, ci sia sempre qualcun altro pronto a frenare.
Ad ogni modo nessuno finora ha chiuso la porta, al contrario tutti hanno riconosciuto che un problema legato ai salari esiste.
Perché non sia stato affrontato prima non è dato saperlo, ma ora lo ha fatto il MoVimento 5 Stelle, dopo anni di inerzia, presentando una legge che si rivolge a circa tre milioni di persone tra cui camerieri, giardinieri, pizzaioli, magazzinieri, dipendenti comuni.
Non apriamo scontri, apriamo un confronto sano invece per trovare un punto di caduta che, principalmente, abbia lo scopo di restituire dignità ai lavoratori e arginare ogni proposta indecente al limite della schiavitù.
Un confronto che porti anche a premiare quegli imprenditori onesti che con il loro sudore portano avanti la nostra economia.
Se remiamo tutti nella stessa direzione arriviamo prima! E arriva prima il Paese!
I prossimi obiettivi: giù le tasse e stipendi dignitosi.
Viva l’Italia!».

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