Il grido d’allarme arriva anche dalle case di riposo dove mancano i dispositivi di protezione individuale per gli operatori e per gli ospiti. E questa emergenza nell’emergenza colpisce il luogo dove risiedono i soggetti di certo più fragili. Il delegato regionale per il sociale di Confcooperative Molise, Giuseppe Colamaio parla di vera e propria emergenza. «Il rischio è di avere una nuova Cingoli» dice, riferendosi al piccolo comune in provincia di Macerata dove, nella casa di riposo, su 40 ospiti ben 37 sono risultati positivi al Covid-19. Contagiate anche due operatrici, un medico di base e una infermiera. E l’oss ha a sua volta contagiato il marito. «Considerata la natura sensibile delle strutture, paragonabile a quella degli ambulatori e degli studi medici, risulta alquanto grave l’assenza dei dispositivi di protezione, sia per gli operatori (socio sanitari, infermieri, pulizie, ecc.) impegnati quotidianamente nel garantire la propria mansione, spesso sottopagata, sia per gli ospiti, quasi tutti ultrasessantenni, dunque a maggior rischio di infezione e contagio da Covid-19. Ma il Servizio Sanitario nazionale e regionale non se ne fa carico» attacca Colamaio che rappresenta le 36 case di riposo della regione oltre che essere il responsabile di una struttura per anziani alle porte del capoluogo. «Siamo in una situazione kafkiana – discetta Colamaio -, stiamo affrontando queste prime settimane di emergenza grazie alle forniture di dispositivi che avevamo nei nostri magazzini. Ma non tutti sono così fortunati, ci sono strutture completamente prive di protezioni. I dipendenti delle cooperative che assistono gli anziani sono eroici, per loro turni massacranti, con il rischio di contagiare (semmai fossero stati infettati, ndr) anche i propri familiari. Gli anziani invece, iniziano a sentire la mancanza dei propri parenti, dunque altra carne sul fuoco per i gli operatori, che devono immedesimarsi in una duplice funzione, quella assistenziale e quella solidale».
L’emergenza nell’emergenza è anche l’isolamento forzato nel quale si è costretti a vivere e che, per gli anziani ospiti delle case di riposo, si traduce nell’impossibilità di poter ricevere visite dei parenti, dei propri figli che, dall’altra parte del vetro, vivono lo stesso dramma. «Abbiamo contattato la Protezione Civile regionale – continua Colamaio –, così come suggerito dai vari ministeri, ma continuano a passarsi la palla tra Asrem, Comuni e Province. Non abbiamo un punto di riferimento sul territorio: abbiamo anche provato a rifornirci tramite i canali di sempre, volendo pagare di tasca nostra tali dispositivi ma le aziende non evadono gli ordini prima di un mese, tra l’altro a costi esorbitanti. Siamo in emergenza e non si capisce il motivo per il quale l’Italia debba acquistare le mascherine dalle altre nazioni, invece di produrle nelle tante aziende tessili inattive, come l’Ittierre, dove si potrebbero richiamare in servizio i sarti attualmente fruitori degli ammortizzatori sociali ed iniziare immediatamente la produzione, completamente made in Italy, per l’intero territorio nazionale».

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