In 20 giorni, 600 morti nei centri anziani: Lombardia, Italia, ai tempi del Covid-19. Case di riposo e rsa, non solo al Nord, rappresentano lo scoglio più difficile nella lotta alla diffusione del coronavirus. Per le condizioni di fragilità di ospiti e pazienti e per la virulenza della malattia che nelle persone più anziane e affette da patologie croniche o disabilità sta mostrando il suo volto peggiore.
Le visite dei parenti, in Molise come altrove, sono vietate da tempo. Figli e nipoti degli anziani possono parlare con loro solo al telefono, magari anche vederli via whatsapp: è durissima, ma serve a preservare la loro salute. Però questo non basta. Anche perché gli stessi anziani devono recarsi in ospedale o altre strutture sanitarie molisane per terapie anche importanti o interventi necessari e rientrano – fino al decreto del Tar Molise di ieri – nella casa di riposo o nella rsa senza aver prima effettuato il tampone faringeo che esclude la positività al coronavirus. Rientrano in un ambiente in cui il rischio di contagio è esponenziale e altamente pericoloso perché riguarda i più fragili. Non solo. Man mano che al Cardarelli aumenta lo spazio da dedicare alla cura del Covid, gli altri reparti vengono svuotati il più possibile e l’Asrem ha stabilito che le strutture pubbliche e private accreditate assistenziali debbano garantire la disponibilità di posto letto in maniera prioritaria ai dimessi dalle unità ospedaliere. Se si tratta di pazienti provenienti da altre regioni, ha deciso sempre l’Asrem con una nota del 16 marzo scorso, «le strutture dovranno essere garantite dall’assenza di contagio da coronavirus mediante presenza di risultato negativo al tampone, eseguito presso la struttura di provenienza». Quindi, se un anziano o un soggetto che ha subito un intervento e ha bisogno di riabilitazione arriva da fuori regione per poterlo ricoverare in una struttura residenziale molisana serve il tampone negativo. Se invece proviene da un ospedale molisano, no. Basta la valutazione dei medici ospedalieri sulla necessità o meno di eseguire il test.
Al Tar Molise si è rivolta la Coop Ass quando il 24 marzo scorso l’azienda sanitaria ha chiesto di ricoverare una paziente di Nefrologia del Cardarelli senza tampone. La cooperativa aveva dichiarato la propria disponibilità ai ricoveri domandando però di effettuare i tamponi senza distinguere in base alla provenienza delle persone. Ma l’istanza non era stata accolta.
Le decisioni assunte fin qui dall’Asrem per i pazienti molisani da trasferire nelle rsa, aveva evidenziato il legale della coop nel ricorso, sono illogiche, contraddittorie, discriminatorie e pericolose per la salute dei pazienti trasferiti dagli ospedali – che se contagiati verrebbero inviati in strutture prive di adeguata assistenza e in caso di esplosione della malattia sarebbero in serio pericolo di vita – sia dei pazienti già ospitati nelle strutture, del personale medico e infermieristico e della popolazione dei luoghi in cui queste strutture hanno sede.
Il presidente del tribunale amministrativo di Campobasso, che si è pronunciato ‘inaudita altera parte’ sul ricorso prodotto per la rsa dall’avvocato Salvatore Di Pardo, ha sospeso le disposizioni dell’Asrem nella parte in cui «immotivatamente dispongono il ricovero di una paziente senza aver effettuato preventivamente il tampone di controllo per verificare che non sia affetta da coronavirus». Secondo il magistrato, sussiste il danno grave e irreparabile connesso alla circostanza che la cooperativa debba accogliere un paziente proveniente dal Molise, «in un luogo in cui sono ricoverati molti ospiti anziani», senza poter escludere il suo contagio. E non c’è «una motivazione adeguata che giustifichi il diverso trattamento» previsto per i pazienti molisani rispetto a quelli provenienti da altre regioni e non residenti in Molise.
r.i.

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