Covid-19 non è la peste manzoniana. Perché il mondo di oggi non è quello dei Promessi Sposi.
Per quanto affascinante e a tratti aderente alla realtà che stiamo vivendo, il paragone letterario conviene lasciarlo alla fame di cultura e di esercizio intellettuale che l’assenza di contatto umano ci impone. Il trattamento dell’epidemia, invece, può contare – oltre che sui progressi continui della medicina e su competenza e passione del personale in prima linea – su un patrimonio sterminato di apparecchiature e dispositivi di ultima generazione che in alcuni casi la sanità pubblica molisana, tante volte criticata e non di rado a torto, ha già in dotazione.
Viviamo nell’epoca della salute digitale e proprio il nostro nemico peggiore può contribuire a far sparire le ultime, e non sono poche, remore all’utilizzo sempre più diffuso, infine strategico e sistemico delle tecnologie nell’assistenza sanitaria.
Dalla diagnosi, che l’hi-tech può rendere precoce e puntuale (si pensi alla diatriba in corso fra tampone e test sierologico mentre in Cina e in alcune strutture d’eccellenza italiane vengono sperimentati software di ultima generazione), al monitoraggio epidemiologico. Dalle visite ai pazienti isolati al domicilio a quelle dei ricoverati in casi in cui l’affollamento dei reparti consiglino una ancora maggiore precauzione per medici e infermieri. Supporti per l’insostituibile elemento umano: aiuti che però aumentano in maniera esponenziale la risposta al virus e la sua efficacia.
L’Emilia Romagna è una delle zone più colpite dalla pandemia. Le sue terapie intensive e i reparti infettivi sono davvero in guerra. L’ospedale Infermi di Rimini negli ultimi giorni si è dotato di un robot – Intouch Vita – destinato alle televisite di pazienti ricoverati in ospedale e affetti da Covid-19, limitando in maniera sensibile i rischi per il personale medico e sanitario.
Intouch Vita sono i robot acquistati la scorsa estate dall’Asrem. Come era ben specificato nella relazione della responsabile della governance clinica Paola Sabatini, riprodotta nella delibera del direttore generale che dispose l’acquisto di tre piattaforme trasportabili per la rete di telestroke per la cura dell’ictus, l’ambito di elezione per questi strumenti è l’emergenza urgenza (non solo neurologica), ma consentono in generale di aumentare gli standard dell’assistenza erogata in termini di sicurezza e qualità. Con la decisione del 29 agosto 2019, l’allora dg Gennaro Sosto portò a compimento un progetto che con lo staff aveva avviato poco più di un anno prima e che era il completamento della centralizzazione a Campobasso della stroke unit di Isernia, punto qualificante dell’atto aziendale 2018. Operazione, questa, conclusasi a dicembre, quando è iniziata la formazione del personale per la messa in rete dei tre ospedali. L’avvio della telestroke era previsto per i primi mesi del 2020. Fondamentali per il reparto del dottor Nicola Iorio, qualificanti per l’assistenza pubblica molisana che solo da fine 2018 effettua il trattamento della trombolisi, i robot Intouch Vita potrebbero essere anche un asso nella manica, ereditato nel passaggio di consegne, dell’Asrem oggi guidata da Oreste Florenzano per attaccare il coronavirus con un’altra arma: quella del progresso tecnologico al servizio della scienza.
L’acquisto di quello stesso robot, infatti, in Emilia Romagna fa parte di un progetto pilota.
Un computer con webcam e microfono, e con un’interfaccia software, portano il medico vicino al paziente ma da remoto. In reparto ma anche in un’altra città. Può così controllare le condizioni dei pazienti. A Rimini usano i robot per i reparti, evitando di dover ripetere spesso le complicate procedure di vestizione e svestizione. Ma altrove – magari dove come accade in Molise la gestione dei pazienti nei reparti infettivi non è ancora al livello massimo di emergenza e non ha ancora portato a casi di contagio fra i sanitari – vengono utilizzati per le visite agli isolati al domicilio, è un ausilio ulteriore: le squadre anti Covid possono, ad esempio, avere il supporto di un medico specializzato in malattie infettive e ottimizzare la valutazione del malato che è asintomatico o ha fino a quel momento pochi sintomi. Il sistema Intouch consente, inoltre, la multipresenza di specialisti in remoto e, potenzialmente, il recupero di dati clinici prodotti dai dispositivi medici in uso sul paziente.
Covid-19, pur non essendo la peste manzoniana, ha già reso evidenti lacune importanti del nostro progredito mondo occidentale. Una fra queste, i pochi investimenti – non solo economici ma anche in termini di scelte delle governance sanitarie – sull’uso delle tecnologie in sanità. Sarebbe un peccato sprecare le scommesse fatte in questo campo da chi invece ci crede.
Nulla sarà come prima. Allora si parta prima di ogni cosa dalla sanità.
rita iacobucci

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