È lì, dove vivono i più fragili, che il mostro non lascia scampo. Cercemaggiore, Molise, Italia. Tredici anziani ospiti della casa di riposo risultati positivi al Covid 19. L’altra notte il terzo decesso in otto giorni. Gli anziani, preda facile del virus, silenzioso e subdolo. Che li porta via, approfittando degli acciacchi dell’età, in poche ore o giorni. Che non permette l’ultimo abbraccio, un bacio sulla fronte, il saluto di chi resta. Che lascia lacrime, che aggiunge dolore. A Cercemaggiore, zona rossa e cluster del contagio che si è annidato nella casa alloggio, gli ospiti risultati positivi vivono isolati dagli altri sei che questa mattina, con molta probabilità, potrebbero essere spostati nell’ospedale di Larino. Lo conferma il titolare della struttura, Mario Festa. «Il trasferimento sarebbe dovuto avvenire giovedì mattina, ci sono stati alcuni imprevisti ma tutto dovrebbe risolversi entro oggi – spiega a telefono -. Qui ora abbiamo tutto quello che serve: mascherine, tute e gel disinfettante». I dispositivi di protezione individuale, merce rara e per questo introvabile: la struttura ha proceduto all’acquisto di una parte della dotazione, poi ci ha pensato la Protezione Civile e anche il sindaco che ieri mattina ha consegnato altre mascherine. Incassato il duro colpo, nella residenza si cerca di fronteggiare il problema. Gli ospiti positivi al Covid sono stati isolati dagli altri sia per quanto attiene le stanze da letto che per la sala mensa, in attesa del trasferimento, in stand by però da giorni. Parrebbero risolti anche i problemi di turnazione del personale, ridotto all’osso dal contagio. Tre quelli in quarantena. E gli altri tre sono al lavoro senza sosta, stremati. Il responsabile appare abbastanza ottimista. «La turnazione ora è garantita, abbiamo avuto alcune disponibilità e altre le avremo nei prossimi giorni. Il problema non è tanto la quarantena – ammette – ma la paura. Perché sai dove stai entrando». Le uniche tre operatrici al lavoro si alternano nella cura di tutti gli ospiti, compresi quelli risultati positivi: evidenti le difficoltà quotidiane, i timori che affollano i pensieri quando poi – smesse tute, mascherine, occhiali e visiere di protezione – si torna a casa, dalla propria famiglia. Motivo per il quale viene avanzata forte anche la richiesta di individuare strutture di isolamento, dove consentire al personale che opera a stretto contatto con i pazienti positivi di alloggiare, per evitare ulteriori contagi. Unico caso di cluster in una casa di riposo quello di Cercemaggiore manon per questo, nelle altre strutture, si respira tranquillità. Oltre la paura del contagio, i rischi del proprio lavoro, ci sono troppe cose che non vanno come dovrebbero, legate come sono ai freddi formalismi delle circolari. Ne sa qualcosa Angelo Colamaio responsabile della casa di riposo Samnium di Vinchiaturo. Cinquanta ospiti, 22 operatori che si alternano nella cura dei ‘nonnini’ ormai in auto isolamento dall’inizio di marzo. Nessun caso, fortunatamente, di contagio. «Speriamo resti tutto così, abbiamo anticipato le misure stringenti e dal 4 marzo non entra nessun esterno» spiega, ben consapevole della difficoltà che vivono i suoi ospiti. Anche nella Samnium si usano le videochiamate per rendere vicini quegli affetti che sono lontani. «Siamo ignorati, però – taglia corto Colamaio che, per Confcooperative, ha da subito posto il problema -: noi chiediamo che ospiti e personale siano sottoposti a tampone, non possiamo ripetere gli errori commessi in altre strutture italiane». La circolare del 25 marzo non sembra aver risolto il problema. Anzi. «Se fra i nostri anziani c’è un asintomatico, è la fine. Per questo occorre sottoporre tutti al test, non chi evidenzia anche solo un sintomo. Se nelle strutture entra il contagio, poi si contano i morti» commenta con amarezza, rilanciando l’appello corale indirizzato a Regione e Asrem. Rischi elevati che derivano anche da alcune storture, evidenti. «Molti operatori provengono dalle zone rosse: che senso ha inibire l’accesso e l’uscita dai comuni cluster se poi gli operatori sanitari e socio sanitari possono entrare ed uscire, andare a lavorare in strutture sensibili?». Ad oggi, per monitorare gli ospiti delle case di riposo, gli operatori devono compilare una scheda in cui annotano quotidianamente temperatura e l’eventuale presenza di sintomi. Operatori che, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno nemmeno i dispositivi di protezione individuale. «A noi hanno consegnato le mascherine swiffer – commenta Colamaio – le usiamo inserendo dentro dei filtri, altrimenti sarebbero inutilizzabili. Oggi (ieri, per chi legge) ho portato 20 mascherine certificate a Monacilioni. La situazione è critica dappertutto» spiega ancora. Dispositivi indispensabili e introvabili. Li ha portati lì dove c’era bisogno, senza farsele pagare. E gli operatori, come vivono questa difficoltà? «Hanno paura, molti si rifiutano di fare i turni, altri si dimettono».
l.s.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.