Due detenuti su tre so no malati, tra i 25 mila e i 35 mila sono affetti da Epatite C, in aumento hiv positivi (6.500) e tubercolosi, almeno un migliaio i detenuti con problemi mentali nelle celle di istituti normali e 1200 in istituti specifici. Sono questi i n sintesi i dati de l dossier che il sindacato di Polizia Penitenziaria ha consegnato ieri nell’incontro col ministro della Salute Roberto Speranza dedicato ai problemi della sanità penitenziaria.
In Molise, nei tre istituti penitenziari, la media non si discosta molto dalla quella nazionale. A questa situazione di emergenza si aggiunge la carenza di medici ed infermieri denunciata alcune settimane fa dai detenuti del carcere di via Cavour con una eclatante protesta.
Nel dettaglio sono 149 i detenuti in stato di tossicodipendenza, 122 presentano deficit della masticazione, 98 hanno malattie osteo-articolari o patologie di origine post-traumatica, 78 sono affetti da malattie epato-biliari, 72 sono affetti da depressione o altre manifestazioni psicopatologiche, 66 hanno malattie gastrointestinali, 47 presentano malattie infettive (escluso malattie da HIV), 42 affetti da malattie mentali (comprende tutte le malattie mentali ad eccezione della depressione), 40 presentano malattie respiratorie, 32 ipertenzione arteriosa, 29 hanno deficit sensoriali (malattie di pertinenza Otorinolaringoiatrica e/o Oculistica), 28 presentano piaghe da decubito o malattie dermatologiche, 22 sono affetti da malattie renali e dell’apparato urogenitale, 19 invece hanno malattie del sistema nervoso centrale, 17 presentano, 16 il diabete mellito, 13 presentano anemia o altre malattie a carico del sistema emopoietico, 11 affetti da cardiopatia ischemica: IMA, angina pectoris e aritmie causate da ischemica, 9 da vasculopatie periferiche, 9 sono affetti da malattie endocrine e 8 sono affetti da cardiopatia organica: valvulopatie, endo-mio-pericardite, aritmie secondarie a tali patologie.
«Questi dati – commenta Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di Polizia Penitenziaria – sono allarmanti e mettono a rischio la salute dei detenuti e del personale penitenziario. Il carcere è territorio tra infettivologia e psichiatria con i continui casi di suicidio ed autolesionismo. Ci associamo all’appello dei medici per un piano straordinario di prevenzione delle malattie infettive che coinvolga il personale in servizio.
Pertanto è indispensabile per queste categorie di detenuti una carcerazione diversa in strutture specifiche che si occupino di curare prima di ogni cosa. Non si può sottovalutare – aggiunge – che la situazione in tutte le carceri è diventata esasperante per il personale che specie per il sistema “celle aperte” non è in grado svolgere il suo lavoro e non ha alcuno strumento di prevenzione per la salute.
È ancor più intollerabile – continua Di Giacomo continua Di Giacomo – che si parli solo ed esclusivamente di assicurare si parli solo ed esclusivamente di assicurare i Lea (Livelli essenziali di assistenza) ai detenuti escludendo il personale penitenziario, continuando a sottovalutare i rischi.
Inoltre, il caso dello caso dello stupro nel carcere di Udine di un detenuto con problemi mentali ad opera di altri detenuti dovrebbe riaccendere l’attenzione su un problema che abbiamo sollevato da troppo tempo, sempre inascoltato: solo l’1 per cento delle violenze sessuali in cella viene denunciato, con i più deboli costretti a pagare l’assenza di misure di tutela personale.
È evidente che se fuori dal carcere stenta ad affermarsi la denuncia di violenze sessuali, all’interno degli istituti penitenziari questa tendenza è ancora più negativa per una serie di motivazioni che gli esperti hanno più volte indicato, dalla vergogna alla paura di chi ha subito la violenza, all’assenza di garanzie di tutele per il denunciante. Un fenomeno rispetto al quale l’amministrazione penitenziaria non è in grado di fornire dati di specie, se di pensa allo “scambio di sesso” di detenuti tossicodipendenti o alcolisti in cambio di psicofarmaci o alcol».
md

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