Lo spazio antistante l’ingresso dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate è angusto e assolato. Motivo per il quale le persone in fila, immortalate ieri mattina dai colleghi della redazione del quotidianomolise.com, nel tentativo di guadagnare un po’ di ombra, non hanno potuto, giocoforza, fare caso al distanziamento, alle regole anticontagio. Sole cocente, l’attesa snervante del proprio turno per guadagnare l’ingresso, mascherina d’ordinanza e nervi a fior di pelle. Una situazione al limite del disservizio, complici le regole per gli accessi agli uffici pubblici a seguito della pandemia. «Eppure dentro c’è un salone di 200 metri quadri – riflette una signora in fila – si potrebbe stare al fresco e rispettare il distanziamento». Ragionamento condivisibile ma evidentemente non fattibile secondo le prescrizioni che da tempo sottendono l’organizzazione e la gestione degli uffici pubblici. La fila non sembra scorrere, qualcuno – risentito della situazione al limite della sopportazione – si accalca davanti alla porta che si apre solo per consentire gli ingressi contingentati per evitare l’assembramento che invece, fuori, è ormai la regola. Tutti vicini, per evitare di sciogliersi sotto il sole di agosto. Qualche utente, ormai spossato, si lamenta del mancato rispetto della fila: i numeri in dotazione non corrispondono a quello che dovrebbe essere il turno. I toni si fanno minacciosi, si invocano le forze dell’ordine. «Chiamo i Carabinieri» si agita, a giusta ragione, l’utente che, manco a dirlo, la butta sul vizio nostrano, la disorganizzazione. «Siamo in Italia» come a dire che, in base all’italica propensione al caos, di meglio non sembra proprio possibile. Il disservizio, l’ennesimo, è servito.

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