Continua a tenere banco in questi giorni a Cercemaggiore la questione della paventata soppressione del convento dei padri domenicani, custodi da oltre cinque secoli del santuario Santa Maria della Libera, deliberata dal maestro dell’Ordine dei frati domenicani con proprio decreto emesso il 20 novembre 2015. Ieri sera, dopo la messa delle 17.30, i padri hanno spiegato le ragioni che hanno indotto i vertici dell’Ordine ha disporne la partenza da Cercemaggiore. L’incontro, a cui hanno preso parte tra gli altri il sindaco Testa e il vicepresidente della Regione Petraroia, è stato molto partecipato. Da quanto si apprende, i domenicani dovrebbero lasciare il paese per ragioni organizzative. Ma ciò non significa che il convento chiuderà. A questo punto sarà fondamentale la mediazione dell’amministrazione comunale, della politica a ogni livello e anche dell’arcivescovo Bregantini. Quella assunta dal maestro dell’Ordine, sembra infatti essere una decisione che non è irrevocabile. I cittadini e i fedeli sono rimasti comunque sorpresi dalla stessa, definita inattesa e, a molti, apparsa incomprensibile visto la rilevanza storico-religiosa del santuario, che proprio due anni fa ha celebrato solennemente i 600 anni dal ritrovamento della statua lignea della Madonna della Libera.
In virtù di questo evento, Regione, Provincia e Comune hanno investito ingenti somme per la ristrutturazione del complesso monastico che oggi appare splendente in tutta la sua maestosità, sia per quanto concerne la chiesa in senso stretto, sia per quanto concerne l’area conventuale, capace in passato di ospitare ritiri spirituali, gruppi religiosi e persino ritiri di squadre sportive.
La prospettiva della chiusura del monastero rischia di vanificare questi investimenti, che tendevano ad un rilancio delle attività e all’inserimento della struttura in un circuito di itinerari religiosi a grande valenza turistico-culturale.
Non va dimenticato che il santuario della Madonna della Libera di Cercemaggiore rientra nella progettualità dei Cammini d’Europa, che lo mette in relazione con la basilica dell’Addolorata di Castelpetroso. Un percorso che mira a recuperare l’importanza che il santuario di Cercemaggiore aveva assunto negli anni ‘70. In epoche ancora più lontane, l’edificio conventuale aveva ospitato persino scuole e farmacia, mentre la sopravvivenza economica era legata alle attività rurali che si svolgevano sui terreni di sua proprietà, oltre che alle donazioni che i monaci predicatori raccoglievano in paese e nelle contrade. La struttura aveva persino una propria stalla e in passato persino un frantoio. Ma era soprattutto luogo di meditazione (come testimonia ancora oggi la splendida biblioteca presente nel convento); ispirò Padre Giordano Pierro (altro personaggio che ha segnato la storia del santuario e della comunità) a scrivere un testo a cui tutti i cercesi sono affezionati: la Storia di Cercemaggiore, pubblicata all’inizio degli anni ‘20. Una preziosa ricerca storica ed antropologica di valore inestimabile. Altri Padri successivamente si sono cimentati in altre pubblicazioni storico-religiose a conferma dell’ispirazione che ha suggerito questo luogo in animi di nobile spirito.
Era l’epoca d’oro coincisa con la presenza in loco del rettore padre Tito Spirito, grande protagonista della storia locale, il cui attivismo seppe donare prestigio e dignità al luogo sacro. Da piccolo convento di campagna, come qualcuno in ambito ecclesiastico lo ha definito impropriamente, divenne un punto di riferimento per tutta l’area territoriale che abbraccia Molise e Campania, e l’eco del fermento spirituale e culturale di quei tempi ancora oggi non si è sopito. Furono anni in cui il convento fu oggetto di notevoli interventi edili che ne trasformò il ruolo anche nella vita sociale del paese. Con padre Tito, alla fine degli anni ‘60, si passò ad una svolta di tipo quasi imprenditoriale: il convento abbandonò le attività contadine e meditative e divenne un centro di attrazione religioso e sociale, con l’introduzione dell’ospitalità offerta a gruppi religiosi provenienti da fuori regione che per brevi e medi periodi soggiornavano nel convento (dotato anche attualmente di oltre 70 posti-letto) per svolgere attività di vario genere. Insomma, si sperimentò con successo il turismo religioso, grazie anche ai servizi innovativi introdotti dall’illuminato rettore, mai dimenticato dai cittadini cercesi. Grazie ai suoi buoni uffici, ottenne fondi per costruire nel 1970 il campo di calcio annesso al santuario, e due campetti, uno di calcetto e l’altro di tennis. Il centro sportivo, donato poi al Comune, è stato per anni luogo di grande aggregazione sociale per i giovani cercesi (fino a qualche anno fa, vi venivano disputati campionati di calcio e affollati tornei estivi di calcetto) e anche per gruppi esterni.
Negli anni ‘80, e fino al 1990, Cercemaggiore ha ospitato presso il convento ogni estate il ritiro di una società di calcio professionistica o semiprofessionistica. In convento sono presenti ancora oggi i gagliardetti di squadre ancor più prestigiose, molte delle quali allenate da Gennaro Rambone, allenatore napoletano che vantava una amicizia fraterna con padre Tito. Ma passarono di qui anche le squadre che affrontavano domenicalmente il Campobasso ai tempi della serie B, le quali, prima di scendere in campo al cospetto dei lupi, anziché l’albergo preferivano la pace del convento cercese. Pisa, Catania, Padova, Catanzaro, lo stesso Campobasso, ed innumerevoli altri club, avevano scelto il convento di Cercemaggiore come luogo privilegiato per trovare la concentrazione prima della partita.
La fama di padre Tito divenne nazionale, grazie anche ad articoli apparsi sul Corriere dello Sport. Ma l’impulso dato da rettore al Santuario della Madonna della Libera non era limitato solo all’ambito sportivo: il convento si era dotato anche di uno “chalet” dove potevano soggiornare in autonomia gruppi giovanili per colonie estive e campi scuola. Una struttura dotata di camere e cucina, a cui affluivano dalle varie case dei domenicani sparsi per l’Italia per soggiorni settimanali o bisettimanali, gruppi di preghiera autogestiti, con cuochi e assistenti al seguito. Giovani provenienti da tutto il Centro-sud, spesso con chitarre e canti religiosi, salivano a piedi in paese dal convento ed animavano le strade del centro abitato nel periodo estivo, facendo incetta di souvenir, foto e cartoline. Cartoline oggi scomparse dagli espositori dei tabacchini locali, perché purtroppo quelle esperienze rappresentano ancora oggi l’unico esempio di turismo vero conosciuto dal paese. La struttura dello “chalet”, oggi in disuso, nel periodo invernale veniva fittata per matrimoni, a conferma dello spirito imprenditoriale di padre Tito, la cui intraprendenza si manifestò pensino con la commercializzazione di un liquore del convento, prodotto in Abruzzo ma con ricetta locale.
Accresciuta la notorietà del santuario, molti personaggi illustri lo hanno visitato, apprezzandone le ricchezze artistiche presenti. Nel refettorio campeggia infatti un affresco del ‘500 di inestimabile valore, raffigurante un cenacolo con la rara particolarità della presenza degli inservienti. Ma anche il “Miracolo di San Domenico” presente in altro locale rappresenta un affresco di grande valore. Statue lignee presenti nel Santuario (il San Vincenzo Ferrer di Paolo Saverio di Zinno, ad esempio) sono opere di grande valore storico-artistico custodite nel santuario, insieme ad altri dipinti e opere scultoree in pietra o legno. Padre Tito valorizzò la conoscenza del santuario anche con la pubblicazione di un calendario diffuso in paese e all’estero. Pure grazie a questo il convento godeva spesso di donazioni e beneficiava molto anche delle rimesse dagli emigranti, che non facevano mancare il proprio supporto economico alle attività, soprattutto in coincidenza della festa del 2 Luglio. Ancora oggi il culto della Madonna della Libera è molto sentito dai cercesi all’estero, soprattutto in America, dove in contemporanea con la festa di Cercemaggiore si celebra una ricorrenza con pari solennità.
L’età fiorente del santuario purtroppo oggi sembra avviarsi ad essere uno sbiadito ricordo, sebbene c’è fermento a Cercemaggiore per scongiurarne la soppressione. L’auspicio è che si possa trovare una soluzione che porti ad un rilancio della attività del convento, la cui chiusura appare davvero un evento di portata storica e sembra mostrarsi come l’ennesimo segno del declino storico e sociale a cui mestamente pare destinata la comunità cercese. Che, tuttavia, per mezzo delle sue istituzioni, sembra però altrettanto determinata a voler preservare un patrimonio unico di storia, arte, cultura, spiritualità e socialità che grazie ai padri domenicani è stato tramandato ai cercesi di oggi.