Dopo un contenzioso durato quasi 20 anni il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune di Trivento in materia di vincoli paesaggistici. Nell’ormai lontano 1999 l’allora Ministero dei Beni Culturali mise sotto vincolo paesaggistico l’intero territorio comunale. A questa decisione, che comportava delle forti restrizioni in campo urbanistico, si oppose l’amministrazione comunale del tempo guidata da Tullio Farina.
«In Italia – commenta oggi l’ex sindaco e attuale consigliere comunale – la giustizia amministrativa è più lenta di una lumaca. Infatti ci sono voluti quasi 20 affinché il Comune di Trivento vedesse annullato il vincolo paesaggistico imposto sull’intero territorio comunale dal Ministero dei beni culturali, che ha prodotto tanti ritardi e danni allo sviluppo e all’espansione urbanistica dell’intero circondario. In breve ricostruirò il percorso della vicenda. Con decreto del 18 maggio 1999 il Ministero dei beni culturali impose l’apposizione del vincolo paesaggistico all’intero territorio comunale per cui in base a tale provvedimento i cittadini, non solo di Trivento ma anche del Comune di Salcito, per costruire e per ristrutturare le abitazioni dovevano sudare le proverbiali sette camicie per ottenere tutte le autorizzazioni previste. Contro l’imposizione di tale vincolo l’amministrazione comunale, guidata da me, oppose resistenza dando l’incarico legale alla dott.ssa Concetta Petrossi, che magistralmente fece ricorso dinanzi al Tar di Campobasso, eccependo le seguenti criticità del decreto: 1) violazione dell’art 7 della legge 241/90 per il difetto di comunicazione del provvedimento assunto per permettere all’ente locale se sue osservazioni in merito; 2) contestazione di un vincolo imposto per l’intero territorio comunale a prescindere dalle diverse caratteristiche del territorio; 3) eccesso di potere per l’inadeguatezza dell’istruttoria e l’insufficienza delle motivazioni per la mancata comparazione dell’interesse pubblico con l’interesse privato. Queste in sintesi le tesi sostenute e magistralmente articolate. Con sentenza n. 255 del 9 maggio 2011 del Tar adito veniva annullato il vincolo imposto, grazie alle motivazioni addotte dall’avvocato Concetta Petrossi, e il Ministero veniva condannato a pagare le spese di giustizia quantificate in 3.000,00 euro. Tutto sembrava felicemente risolto, ma il Ministero dei Beni ambientali impugnò e fece ricorso alla sentenza del Tar di Campobasso presso il consiglio di Stato. Il Comune di Trivento fu costretto a presentare una nuova opposizione, ma stranamente cambiò legale, nominando l’avvocato Claudio Neri, confermando così la sua tradizione all’ingratitudine. Successivamente con ordinanza n. 4724 del 26 ottobre 2011 il Consiglio di Stato concedeva la sospensione dell’efficacia della sentenza emessa dal Tar. Ricominciava per i cittadini il calvario delle pratiche autorizzative. Finalmente dopo ben sette anni in virtù anche delle argomentazioni prodotte dal nuovo legale il Consiglio di Stato riconfermava la sentenza del Tar di Campobasso non solo annullando il vincolo imposto ma condannando nuovamente il Ministero dei Beni culturali a pagare le spese di giustizia quantificate in altri euro 3.000,00. Oggi finalmente, grazie al coraggio e alla lungimiranza avuta nel 1999 dagli amministratori comunali pro tempore, i cittadini di Trivento, soprattutto quelli residenti nell’agro non troveranno più tanti ostacoli nella costruzione e nelle ristrutturazioni delle abitazioni, se solo si tiene presente il fatto che anche per allargare una finestra bisognava interessare la Sovrintendenza alle belle arti. Se poi si tiene presente che per la riconferma di un provvedimento giusto, riconosciuto fin dal primo grado di giudizio si son dovuti spendere altre somme ben si comprenderà come sia allegra la finanza pubblica. A chi addebitare l’ulteriore somma spesa? Per come vanno le cose pagherà Pantalone ossia i cittadini che dal provvedimento impugnato dal Ministero hanno avuto solo danni».

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