Secondo le autorità (tutte) in teoria preposte a controllare e difendere la salute pubblica, Venafro può ancora sopportare un simile livello di inquinamento? A parte le fotografie del traffico, dei fazzolettini anneriti, degli stabilimenti che sbuffano fumi (e non solo vapore…) che pure in questi giorni impazzano sui social, ci sono i dati. Dati se possibile sempre più da emergenza se si considera che Venafro non è una città industrializzata o una metropoli. Dati che dovrebbero smuovere chi di dovere ad agire.
Oltre alle statistiche presentate dal dottor Fabrizio Bianchi del Cnr di Pisa per conto delle Mamme per la salute e l’ambiente e dei Medici per l’ambiente ormai un anno fa, ci sono le “registrazioni” dell’Arpa Molise. L’Agenzia per la protezione ambientale, infatti, ha due centraline fisse posizionate sul territorio che segnalano soprattutto gli sforamenti delle polveri sottili (Pm10) ma che da oltre un anno monitorano in città pure il particolato fine, il Pm2,5. Ebbene, o meglio sarebbe dire male, nell’ultima settimana la postazione di via Campania restituisce un giorno sì e uno no superamenti del limite massimo consentito dalla normativa vigente. Il livello previsto come soglia oltre la quale si rischiano danni alla salute è fissato a 25 ug/3. La centralina di Venafro 2 ha restituito questi dati: 28 ug/3 il 14 novembre, 28 ug/3 il 16 novembre e 27 ug/3 il 18 novembre, ultimo giorno di rilevazione disponibile. E dal 2020 la soglia verrà abbassata a 20 ug/3, un livello che a titolo di esempio nel solo mese di novembre è stato superato ben nove volte.
Un quadro allarmante per la popolazione soprattutto, come detto, se si considera che la città non è una metropoli nè un polo industriale. Sempre più genitori stanno valutando se sia il caso di far continuare a crescere e quindi far respirare un’aria inquinata ai propri figli: malgrado ciò, sembra che tutti aspettino chissà cosa… È bene dire a scanso di equivoci che non è più possibile pensare di rinviare eventuali soluzioni (o mitigazioni del rischio) a quando sarà consegnato lo studio epidemiologico di tipo eziologico che, detto per inciso, ancora non viene neppure commissionato formalmente.
Lo studio in questione, comunque, dirà quali sono le probabili e principali fonti di inquinamento e non se c’è o meno inquinamento, considerato che questo è ormai un dato acclarato a tutti i livelli. Dalla comunità che ha lanciato l’allarme, dalla Regione che ha finanziato lo studio con 60.000 euro, passando per i Ministeri dell’Ambiente e della Salute che hanno riscontrato le criticità. Insomma, che fare? Attendere passivamente l’esito dello studio oppure iniziare a muoversi? Al momento, per una delle probabili cause esiste la mozione di Antonio Tedeschi in Regione che invoca di resistere in giudizio contro il governo per la riduzione della quantità di rifiuti extraregionali da incenerire. In ogni caso, ad una situazione già desolante c’è il concreto rischio che vadano ad aggiungersi pure le emissioni della costruenda turbogas di Presenzano.
Tornando agli sforamenti di Pm2,5, occorre far presente ancora una volta come «queste particelle sono caratterizzate da lunghi tempi di permanenza in atmosfera e, rispetto alle particelle grossolane, sono in grado di penetrare più in profondità nell’albero respiratorio umano». E a segnalarlo è direttamente il Ministero della Salute….
Pr

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.