Incredibile e praticamente inaspettato, ma tutto certificato dall’Arpa Molise: giovedì 14 maggio, nonostante il lockdown, la centralina di via Campania a Venafro ha fatto registrare lo sforamento dei valori del Pm10. Non meglio è andata per il Pm2,5, salito a quota 21 ug/m3. Le polveri sottili sono così arrivate al 29esimo superamento nel 2020 su un massimo annuale di 35.
Niente a che vedere con lo shock registrato a cavallo tra il 2019 e il 2020 quando il Pm10 ha raggiunto limiti preoccupanti. Tuttavia è il trend che spaventa. Nonostante il traffico sia decisamente inferiore rispetto ai tempi “normali” la centralina dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale ha finito per segnalare un nuovo sforamento. E la notizia preoccupa ancora di più in vista di una probabile seconda ondata di Covid-19: infatti gli studi preliminari indicano anche nelle polveri sottili un fattore di ‘trasporto’ del temibile virus.
Gli scienziati hanno dovuto aspettare un numero sufficiente di dati dopodiché hanno iniziato a pubblicare su diversi giornali specialistici i primi studi sull’argomento.
E tali dati, come riferito nei giorni scorsi da Rep di Repubblica, «mostrano che il 78% dei decessi (su 4.443 casi totali di mortalità) sono avvenuti in quelle aree con le più alte concentrazioni di No2 in combinazione con condizioni atmosferiche che prevenivano un’efficace dispersione dell’inquinamento. Le aree in questione includono il nord Italia. Questo è in accordo con un altro studio, pubblicato sul giornale Comprehensive Critical Medicine (Air Pollution and the Novel Covid-19 Disease: a Putative Disease Risk Factor), nel quale gli autori scrivono: “Questa ricerca mostra come le regioni del nord Italia, che sono state le più colpite da Covid-19, sono anche quelle con un’elevata concentrazione di particolati (Pm10 e Pm2,5) che ha raggiunto valori in febbraio al di sopra di quelli stabiliti dalle norme legislative”».
Altri studi poi sono stati pubblicati tra gli altri dal Data Science Initiative di Harvard, diretto dall’italiana Francesca Dominici. Secondo il dossier Usa «un piccolo aumento di esposizione a lungo termine a polveri sottili porta ad un aumento del tasso di mortalità per Covid-19 fino all’8%. Secondo la ricerca, le aree con maggiori livelli d’inquinamento storico potrebbero far registrare più alti tassi di mortalità per pandemia».
Dunque, l’inquinamento atmosferico potrebbe essere responsabile anche della diffusione del virus. Autori italiani hanno scritto alla rivista MedRxiv che è accertata la presenza di materiale genetico del Sars-CoV-2 sulle particelle di inquinanti: stando così le cose una delle forme di prevenzione potrebbe essere la riduzione dell’inquinamento.

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