Per il ministro dell’Ambiente Sergio Costa l’inquinamento nella Piana di Venafro “non esiste”. Provocatoriamente, è proprio così. Basta leggere la recente risposta all’interrogazione della deputata 5 Stelle Rosalba Testamento presentata nell’ottobre 2018.
Il questito dell’onorevole molisana, sottoscritto peraltro dall’allora deputata ed attuale ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, ha interessato diversi Ministeri (dell’interno, della Giustizia, della Salute, dell’Ambiente) al punto che Costa ha rilevato come «piuttosto articolata la fase istruttoria». Sia come sia, in sostanza nonostante denunce, esposti e proteste, la situazione secondo il ministro – che ovviamente è stato reso edotto delle condizioni in cui versa la Piana da una pluralità di enti e istituti – è sotto controllo anche se «nel territorio sono presenti aziende che per il ciclo produttivo comportano una potenziale emissione di diossine dagli effluenti gassosi».
Vari i capitoli affrontati nella risposta, alcuni dei quali – oggettivamente – con dati però parziali, quantomeno in merito al Pm10 registrato nel 2019 a Venafro. Sergio Costa, comunque, non ci è andato leggero riferendo come la polizia giudiziaria nel caso del sequestro dei rimorchi di ceneri sospette risalente al 2016 avesse «evidenziato una serie di anomalie procedurali commesse dalla citata agenzia (Arpa, ndr) sia nella fase di campionamento e sia in quella di analisi vera e propria». Dunque, «in relazione al presunto traffico illecito di rifiuti nell’area compresa tra l’inceneritore in Pozzilli e il cementificio Colacem, la Prefettura rappresenta che il comando provinciale Carabinieri di Isernia, nel mese di settembre dell’anno 2016, ha avviato una attività investigativa per monitorare i mezzi in ingresso e in uscita da entrambi gli impianti. In data 16 novembre 2016 – si legge nella risposta all’interrogazione -, a seguito di segnalazioni in merito alle emissioni provenienti dai predetti impianti, la polizia giudiziaria ha svolto una attività ispettiva presso il cementificio Colacem Spa i cui esiti hanno portato al sequestro di due rimorchi intenti a scaricare ceneri pesanti prodotte dall’inceneritore in Pozzilli, poiché le ceneri stesse sono state ritenute sospette e catalogate quali rifiuti pericolosi in difformità del codice Cer alle stesse attribuito. Per la campionatura e le successive analisi di quelle ceneri, la procura della Repubblica di Isernia ha incardinato il procedimento penale n. 2061116. mod. 21 delegando a tanto l’Arpa Molise che, a conclusione delle espletate attività tecniche, ne ha certificato la non pericolosità. In relazione a tali accertamenti – si legge ancora -, la polizia giudiziaria incaricata nella predetta attività ispettiva ha evidenziato una serie di anomalie procedurali commesse dalla citata agenzia sia nella fase di campionamento e sia in quella di analisi vera e propria». Di conseguenza, «a fronte di tali anomalie, il pubblico ministero ha richiesto al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Isernia un incidente probatorio per lo svolgimento di una definitiva analisi delle ceneri in questione. Il predetto tribunale ha, pertanto, fissato l’udienza per l’incidente probatorio in data 8 settembre 2017, volta ad evidenziare i risultati delle analisi svolte dal consulente nominato dal Gip nei giorni 27, 28 e 29 giugno 2017, mediante nuovi campionamenti delle ceneri sottoposte a sequestro. All’inizio del mese di ottobre dell’anno 2017 il pubblico ministero, in considerazione dei risultati delle ulteriori analisi effettuate dal medesimo consulente, ha provveduto ad inviare gli atti di indagine e al Gpp con richiesta di archiviazione del procedimento penale. L’archiviazione è stata poi disposta con decreto in data 14 febbraio 2018».
In merito poi ai diversi filoni di indagine aperti sul presunto traffico di rifiuti, «il Ministero della giustizia, per quanto concerne la lotta alla criminalità organizzata, ha fatto presente che il problema “ecomafie” coinvolge le attività investigative di tutti gli uffici giudiziari italiani direttamente interessati dal fenomeno. Riguardo alle notizie acquisite dalle procure delle corti d’appello di Roma, Napoli e Campobasso, il Ministero della giustizia evidenzia che sono stati aperti diversi filoni d’indagine, a seguito degli esposti presentati dalla associazione nazionale illegalità e mafie “Antonino Caponnetto”». Anche in questo caso, Costa ha riferito come «le indagini effettuate non hanno evidenziato condotte penalmente rilevanti nell’attività di gestione dei rifiuti oggetto dell’ipotizzato traffico illecito di residui da incenerimento, provenienti dall’inceneritore di Pozzilli dal cementificio di Piana di Venafro, inchieste chiuse con decreto di archiviazione».
Passando poi all’aspetto della qualità dell’aria, il ministro dell’Ambiente ha fatto riferimento ai valori fatti registrare dalle stazioni di monitoraggio installate a Venafro, dal 2006 al 2018, relativamente al Pm10 ed al No2 nonché in parte al Pm2,5.

Secondo Costa, «non è significativo, al momento, effettuare un confronto tra la media giornaliera ed il valore limite annuale». «L’analizzatore di Pm2,5 è stato installato il 19 luglio 2018, presso la stazione di monitoraggio Venafro2, sita in via Campania a Venafro. Per questo tipo di inquinante la normativa dispone che il confronto tra il valore limite e la media annuale delle misurazioni giornaliere sia effettuato qualora il numero di medie giornaliere valide sia superiore al 90 per cento di quelle disponibili nell’arco di un anno solare. Nel 2018 la raccolta delle medie giornaliere è risultata pari al 44 per cento. L’analizzatore è stato installato il 19 luglio 2018, quindi non è stato possibile confrontare la media delle misurazioni giornaliere con il valore limite. Anche se non ha valore normativo, in quanto la media annuale va effettuata sull’anno solare, si è eseguita, tuttavia, una media annuale tendenziale, da luglio 2018 a luglio 2019. Il valore della media così calcolata, con una percentuale di raccolta dati del 95 per cento è pari a 21μg/m3 quindi al di sotto dei 25 fissati dalla legge ed in questo senso garantisce un riscontro rassicurante».
Poi, relativamente «al periodo 2006/2018 si nota che, dopo il 2015, non si registrano superamenti né del Pm10 né del No2». In merito poi al 2019, che ricordiamo si è chiuso con il superamento dei 35 giorni di sforamenti per le polveri sottili, Costa ha dati parziali ed incorre in errore: «Per quanto riguarda i dati relativi al 2019, forniti dalla stazione Venafro2, la tendenza della media, calcolata dal 10 gennaio al 26 settembre (il Vle calcolato è pari a 26 μg/m3, ndr) […] rileva che verosimilmente, ad oggi, sarà rispettato anche il limite dei 35 superamenti della media giornaliera consentiti dalla legge. I superamenti del limite giornaliero registrati da Venafro2, al 26 settembre, sono stati 20». A fine anno, come detto, la situazione è stata tuttavia diversa facendo addirittura scattare l’allarme Pm10 per varie settimane.
Dal 1° gennaio 2018, inoltre, è stato ampliato il numero di metalli da ricercare nella frazione Pm10 su tutto il territorio regionale. In particolare, con riferimento ad analiti caratteristici delle emissioni dagli impianti di incenerimento rifiuti. Ebbene, «dal monitoraggio non sono emerse criticità». Costa ha pure ricordato le varie misure adottate dalla Regione Molise, dal parziale divieto di transito nel centro abitato di Venafro ai mezzi pesanti al recente progetto di “Acquisizione della strumentazione tecnico-scientifica per l’implementazione delle attività di monitoraggio e controllo ambientale in continuo per le analisi di laboratorio” voluto dall’Arpa per un importo di un milione di euro, passando per lo studio epidemiologico di tipo ambientale che coinvolgerà le popolazioni di otto comuni della Piana di Venafro, «provvedimento che, da tempo, gli abitanti dell’area avevano richiesto».
Sia come sia, il Ministero dell’Ambiente ha citato altresì lo studio preliminare voluto dalle Mamme per la salute ed eseguito dal Cnr di Pisa che nel 2018 aveva «evidenziato eccessi statisticamente significativi per tutte le cause di morte, rispetto al contesto regionale, in particolare per le malattie cerebrovascolari e per quelle del sistema circolatorio. Per le donne, in particolare, l’analisi ha mostrato un eccesso per i tumori, in particolare per quello della mammella». Dati che, ricordiamo, hanno portato la Regione a finanziare con 60.000 euro lo studio epidemiologico di tipo eziologico con il Ministero della salute che ha «coinvolto l’Istituto superiore di sanità al fine di poter individuare idonea soluzione per la pianificazione dello studio».
Dal canto suo, nonostante sostanzialmente abbia ridimensionato il problema, Costa ha garantito che «il Ministero dell’Ambiente, se necessario avvierà un’interlocuzione con il sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, al fine di effettuare il monitoraggio ambientale della zona ed acquisire così un quadro puntuale dello stato di inquinamento dell’area».

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