«È da escludere che il magma che ha attraversato la crosta nella zona del Matese possa arrivare in superficie formando un vulcano – aggiunge Giovanni Chiodini, geochimico dell’Ingv – Tuttavia, se l’attuale processo di accumulo di magma nella crosta dovesse continuare non è da escludere che, alla scala dei tempi geologici (ossia migliaia di anni), si possa formare una struttura vulcanica». È la dichiarazione che lo scienziato ha rilasciato a seguito della pubblicazione della ricerca che ha svelato la presenza di magma in profondità nell’area del Sannio-Matese. La scoperta emerge da uno studio, condotto da un team di ricercatori Ingv e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia.
Non è la prima volta comunque che il Matese viene associato ai vulcani. Nel libro inedito di Crescenzo Gentile La vera storia di Bojano risalente al 1925, infatti, l’autore, parlando dei Monti del Matese, diceva: «In molti luoghi, anche nella piena estate, è coperto di neve ed è di origine vulcanica, essendo stato anticamente un monte che gittava fuoco (sic)».
Nella pagina dedicata ai Vulcani il Gentile, invece, raccontava: «La Giunta Provinciale del Molise per la raccolta dei minerali da costruzione e da ornamento, spedì in data 5 settembre 1872 a S.E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio la sua Relazione, di cui se ne riporta un brano: La Provincia di Molise, tutta montuosa, perché sita sui versanti Tirreno ed Adriatico del mitico Appennino, offre generalmente nel suo territorio la natura superficiale predominante della nominata catena, che parte l’Italia; cioè gran copia di rocce della classe acquosa, sedimentaria e nettuniana. Quantunque la cronaca locale citasse dei vulcani nella regione del Matese, verso Isernia, e le perduranti acque minerali ne attestassero la possibile accaduta esistenza, pur tutta-volta nessun vestigio si trova di rocce di natura vulcanica, e molto meno di quelle plutoniche. E, riassumendo, nella Provincia, della quale si scrive, i minerali da costruzione e da ornamento possono essere somministrati dalle rocce di sedimento. Mancano le vulcaniche e plutoniche, e vi è solo qualche saggio di roccia metamorfica e di natura organica. Assenza completa quindi di basalto, di tufi propriamente detti, e delle note pozzolane di fuoco, tante pregevoli nelle arti dell’Ingegnere».
Un altro accenno della presenza di vulcani, Gentile lo fa quando parla dei laghi del Matese, in particolare di quello presente nel territorio di Piedimente d’Alife. «…in diversi luoghi le acque si veggono girare in vortici, e mettendo l’orecchio a terra sentesi il loro cupo fragore, mentre percorrono i sotterranei e le caverne di cui tutto il Matese è pieno, anzi è un monte interamente vuoto. Credesi ancora che questo lago fosse stato il cratere e la bocca più grande che negli antichissimi tempi gittasse fuoco, lave di zolfo, lapilli, bitume ed altre materie vulcaniche».
Di questi argomenti alcuni decenni prima ne aveva parlato, nelle sue pubblicazioni, anche lo storico e scrittore Alfonso Perrella (Cantalupo nel Sannio, 31 luglio 1849 – Pompei, 10 dicembre 1915).
Come si vede non è la prima volta che la catena del Matese viene associata ad una probabile, anche se remota, origine vulcanica. Nelle credenze e racconti popolari, tramandati nel corso dei secoli e millenni da padre in figlio, c’è sempre un pizzico di verità e di attendibilità, anche se a volte la fantasia popolare tende ad amplificare e a stravolgere i fatti e le notizie.

Enzo Colozza

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