Nervi a fior di pelle dalle parti di via IV Novembre. Da un lato, l’offesa per l’ennesimo smacco: il governatore convoca la stampa e ai giornalisti legge la nota che ha ricevuto da Palazzo Chigi. «Avrebbe dovuto venire in Aula a informarci e con urgenza! Invece lo abbiamo saputo dagli online e dai telegiornali…», è il commento di qualche consigliere di minoranza. In maggioranza, è il silenzio a mostrare imbarazzo. Anche se tra i più vicini al presidente la consapevolezza di quanto stava accadendo c’era.
Dall’altro lato, la certezza che ormai l’election day è tramontato: la prossima seduta dell’Assise è fissata il 16 gennaio, per votare entro il 4 marzo bisognerebbe indire i comizi entro il 18 gennaio. Sul fatto che ci si riesca lo scetticismo è totale: non ci crede nessuno. E giù con tutto l’armamentario del politico quando si indigna: per i costi in più a carico dei contribuenti e perché «se il presidente vuole spostare il voto ad aprile ne ha la facoltà e deve però assumersene la responsabilità, senza ricorrere a queste cose». La ‘cosa’ in questione è la nota con cui il sottosegretario Bressa invita la Regione a correggere la soglia di sbarramento e portarla al’8%. I più maliziosi fra gli avversari del presidente si lasciano sfuggire: «Strano, di solito a scrivere nella fase che può precedere l’impugnativa sono i dirigenti generali degli Affari regionali…».
Retropensieri e veleni. Altissima tensione prima e dopo la Conferenza dei capigruppo di ieri mattina. Per la legge elettorale varata a fine novembre ci si aspettavano (o si speravano) censure su altri aspetti, non certo su quel 10% che anche il Rosatellum ha introdotto per le coalizioni. Un dato presente dalla prima stesura, il ddl Niro per intenderci. Tanto che qualcuno rinfaccia a Niro durante i lavori concitati della Capigruppo: l’hai scritta tu… Neanche il tempo di farselo dire, raccontano le indiscrezioni di Palazzo. Immediata e stizzita la replica: la sua legge originaria prevedeva il 10% per le coalizioni plurime e l’8 per quelle singole (come M5S). Un emendamento ha livellato e stabilito: il 10% per tutti e chi non arriva al 10 non partecipa al riparto (quindi le liste che raggiungono la soglia fissata per loro, il 3%, ma sono collegate a una coalizione che arriva al 9 restano a secco di seggi comunque).
Intanto, fra un’accusa e una replica, in otto firmano un odg che chiede una seduta monotematica urgente e impegna Frattura a «procedere con immediatezza all’indizione delle elezioni». Le firme in calce sono di Federico e Manzo (M5S), Iorio, Sabusco, Cavaliere e Fusco (centrodestra), Niro (Popolari per l’Italia) e Totaro (Mdp). Il presidente Vincenzo Cotugno lo protocolla e chiama il governatore, che però non dà la disponibilità «in termini di tempo», precisa Cotugno a Primo Piano, per questa settimana. «Io il Consiglio posso convocarlo anche entro 24 ore, ma per fare cosa? Ci deve essere il presidente, intanto. Il dispositivo dell’ordine del giorno, mi permetto di aggiungere, impegna il governatore a una prerogativa che lui ha già per legge. Quindi cosa fa l’Assise? Lo diffida a indire le elezioni? Se lui non lo fa perché bisogna correggere la legge elettorale, va da sé che bisogna prima avere il correttivo. In estrema sintesi, io non convoco il Consiglio per fare ammuina o per fare il Ponzio Pilato e scaricare su altri la responsabilità di una decisione».
Infine, l’Assemblea è in sessione di bilancio. Stamani l’ultima seduta della Commissione sulla manovra. Impossibile, quindi, fissare la riunione del Consiglio prima di sabato 13. Lunedì c’è una delegazione croata. E fra lunedì e martedì, rispetto al fatto che ormai il 18 gennaio sarà arrivato, cambia davvero poco.

r.i.

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