Il 20 ottobre 2016 furono assolti dal Tribunale di Campobasso con formula piena: perché il fatto non sussiste.
Ieri la Corte d’Appello ha ribaltato il verdetto condannando per abuso d’ufficio Michele Iorio e Gianfranco Vitagliano a sei mesi di reclusione e un anno di interdizione dai pubblici uffici.
I fatti contestati, accaduti nel 2009 e 2010, sono relativi alla cessione dello Zuccherificio del Molise alla G&B Investment dell’imprenditore isernino Remo Perna.
L’ex presidente e l’ex assessore sono stati riconosciuti responsabili per le decisioni prese nel 2010. L’anno prima, con una delibera della giunta Iorio (e non del Consiglio), la Regione non esercitò il diritto di prelazione per l’acquisto della quota della Spa in capo al socio storico, la famiglia Tesi. Questo favorì l’ingresso di Perna nella compagine. Nel 2010, Vitagliano – era assessore alle società partecipate – partecipò all’assemblea straordinaria della Spa e acconsentì alla conversione delle azioni (l’intera quota della Regione), da ordinarie in privilegiate, determinando la perdita del controllo sulla gestione. Tutto questo, per l’accusa, in accordo con il presidente Iorio.
Vicenda molto nota e al centro di battaglie politiche, che in Assise portò avanti in particolare Massimo Romano (esponente dell’opposizione), e poi di un’inchiesta giudiziaria dell’allora sostituto procuratore di Campobasso Fabio Papa. Dall’indagine è scaturita un’attività processuale suddivisa in più tronconi.
Quello definito ieri in secondo grado ha visto la costituzione di parte civile della Regione e del Codacons. Il verdetto del collegio ha riconosciuto anche il risarcimento dei danni da liquidarsi, una volta che sarà stata pronunciata la sentenza definitiva, in sede civile.
L’avvocato dell’associazione dei consumatori Fabio Del Vecchio, inoltre, ha ricostruito in appello le fasi successive ai rinvii a giudizio, fasi in cui il processo – allora pendente davanti al Tribunale di Isernia – è rimasto sospeso per sette mesi circa in attesa di una pronuncia della Cassazione. Questa sospensione ha determinato la mancata prescrizione delle contestazioni relative al 2010 e la pronuncia di penale responsabilità per Iorio e Vitagliano. Ieri mattina, infatti, pare che tutti si aspettassero di sentir dichiarare dal collegio i reati prescritti. Invece poi così non è stato.
«Sono molto soddisfatto dell’esito – commenta Del Vecchio – perché al di là di tutto è stato ristabilito un principio riguardo a un’operazione costosissima per le casse della Regione e quindi per i cittadini, perché l’ente per lo Zuccherificio ha impiegato qualcosa come 50 milioni di euro negli anni. Il principio è che a dover decidere sul destino della partecipazione nella società era il Consiglio e non la giunta. È lo Statuto della Regione a sancire le competenze».
Di segno naturalmente opposto le riflessioni dell’avvocato Arturo Messere, difensore di Iorio. Parla di «sentenza incomprensibile che tra l’altro arriva a un mese dalle elezioni. Ritengo che sia l’ennesimo errore giudiziario. Proporrò – anticipa – ricorso in Cassazione dove sicuramente otterrò giustizia come in tante altre occasioni».
L’impatto di questa pronuncia sulla vita politica è fortissimo, molto più significativo rispetto alla portata della condanna peraltro sospesa come prevede la legge. Per Iorio, consigliere regionale in carica, scattano le prescrizioni della legge Severino: la sospensione dallo scranno perché la sentenza non è definitiva. Quando si pronuncerà la Cassazione, in caso di assoluzione o sentenza di prescrizione, la sospensione cesserà. In caso di conferma della condanna, invece, l’ex presidente decadrebbe dal seggio di Palazzo D’Aimmo. Ipotesi che sono quasi esercitazioni rispetto al mandato in corso (che per Iorio era iniziato con la sospensione decretata per la condanna relativa al processo Bain & Co che lo ha tenuto per un anno lontano da via IV Novembre): la legislatura è agli sgoccioli, il governatore Frattura ha indicato la data del ritorno alle urne (22 aprile) anche se non ha ancora firmato il decreto che scioglie l’Assemblea legislativa e indice i comizi. Ma è questione di giorni.
In prospettiva, sia per Iorio sia per Vitagliano, il verdetto è però una spada di Damocle.
Chiarisce Messere, per quanto riguarda Iorio, che «questa sentenza non incide sulla candidabilità a parlamentare né a presidente della Regione». In entrambi i casi, infatti, la Severino dichiara incandidabile chi sia stato condannato con sentenza definitiva a oltre due anni.
Tecnicamente, però, finché non interviene la pronuncia della Cassazione chi nelle condizioni di Iorio e Vitagliano si candida per il Consiglio regionale o la presidenza, una volta eletto viene sospeso dalla carica.
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