Più vicino ai 90 che agli 80, un campobassano di razza e di ragguardevole stazza, dico Pasquale Napoli, ci ha lasciato qualche giorno fa. Chi scrive gli ha voluto bene, riconoscendogli oltre al talento di eccellente scultore anche l’humor volterriano, senza vaniloqui sociologici, tutta polpa, spezie, aneddoti, battute.
Molisano di Mirabello, visse sostanzialmente a Campobasso in una bella villa in pietra i cui spazi all’aperto ha utilizzato come studio. C’è di più, Pasquale, dopo essersi formato come allievo prediletto di Giovanni Manocchio, maestro di riconosciute capacità tecniche e umane, lasciò il Molise per la Germania. Prese moglie, mise su famiglia e iniziò a realizzare i pezzi più importanti della sua feconda produzione, nei quasi vent’anni vissuti all’estero.
Per i lettori che non lo avessero conosciuto, dico che si tratta di uno scultore di opere imponenti. Solo il suo amico Gino Marotta, altro molisano di cui possiamo ben vantarci, è riuscito a prendere il coraggio e la “mazza” a due mani per proporre opere altrettanto mastodontiche.
Una delle più conosciute è di 5X4X1,30, ed è posizionata di fronte al terminal delle corriere, al centro della rotonda di via Vico, poggiata su robusti basamenti. L’intera opera ha un peso di 60 tonnellate che spiega il suo costo. Gliela commissionò il Comune capoluogo, per mano del sindaco Massa, uno degli amministratori più sensibili all’arte.
Pasquale Napoli nonostante la tenacità del materiale, ha avuto con la pietra un rapporto confidenziale, quasi privilegiato. Con i blocchi di pietra e di marmo ci ha parlato per tutta la vita.
Quando arrivavano nel piazzale di casa i grossi blocchi, li rimirava, li squadrava, e li fotografava e già prefigurava l’aspetto che avrebbero assunto dopo le sue “carezze”.
Vedeva l’arte con linee morbide, Pasquale. Ogni due per tre ricordava la sua opera magna, situata in un parco pubblico in Germania.
L’artista se n’è andato, lasciando moglie e figlia. Per raggiungere il suo bellissimo ragazzo deceduto qualche anno fa, nel fiore dei suoi anni, in un incidente d’auto.
Il nostro illustre concittadino si è portato via un profondo rimpianto: lo studio di piazza Prefettura, ove avrebbe voluto eliminare la strada con le sue tristi pietre laviche, per farne una meravigliosa spianata, con colori chiari, con al centro una sua imponente opera. Il progetto, dopo aver ricevuto consensi solo a parole, rimase nel cassetto per gli alti costi.
Senza riuscire a fare il paio con Pietro Cascella che nella sua Pescara, in piazza 1° maggio, per la sua meravigliosa fontana, pretese solo la copertura finanziaria dei materiali.
Ebbene, questo molisano di infinito acume, si è ritrovato al suo funerale con pochi amici a salutarlo nella chiesa di San Giovanni Battista, ove Padre Lino Iacobucci ha tenuto l’omelia, mentre l’elogio funebre è toccato a Vincenzo Manocchio, visibilmente commosso.
Assenza ingiustificata degli amministratori pubblici che si sono limitati alla mezza cartellina di commiato, a mezzo stampa.

Gennaro Ventresca

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