Dopo anni di attese, promesse e rinvii, il Matese entra ufficialmente tra i Parchi nazionali italiani. Con la firma del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, il territorio è ora delimitato provvisoriamente come area protetta. Un risultato storico – a prescindere dalle legittime e divergenti opinioni sul tema – per Campania e Molise che arriva a otto anni dall’emendamento Ruta-Caleo alla Legge numero 205 del 27 dicembre 2017 e chiude il cerchio di un lungo e tortuoso iter burocratico, dopo che in precedenza erano già stati portati avanti altri tentativi, come il disegno di legge presentato in Senato da Ulisse Di Giacomo e iniziative analoghe alla Camera da parte dei deputati Vennitelli e Leva.
Ora, il decreto ministeriale unisce di fatto una superficie di quasi 88mila ettari che include 52 comuni (31 in Campania, 21 in Molise) in un’area di altissimo pregio naturalistico, paesaggistico, agricolo e storico-culturale. Bojano, Castelpizzuto, Longano, Monteroduni, Roccamandolfi, Guardiaregia, Sant’Agapito, San Massimo, Macchia d’Isernia, Campochiaro, Sepino, San Polo Matese, Pettoranello del Molise, Cantalupo nel Sannio, Castelpetroso, Colli a Volturno, Santa Maria del Molise, Montaquila, Pozzilli, Isernia e Venafro: questi i centri molisani accomunati dall’istituzione dell’area protetta che ha diviso e continua a dividere l’opinione pubblica oltre che politica.
Un tema di cui, all’ombra del Matese, si discute da almeno 30 anni, prima ancora dell’ok alla legge quadro del 1991 sulle aree protette. Ma è solo dal 2018 che l’iter ha preso slancio, dopo l’emendamento che a dicembre dell’anno precedente ne sanciva l’istituzione, e poi l’avvio di un tavolo istituzionale che ha attraversato cinque diversi governi nazionali (Gentiloni, Conte 1, Conte 2, Draghi e Meloni) e tre regionali (Frattura, Toma, Roberti) con il supporto tecnico-scientifico di Ispra e la partecipazione attiva degli enti locali. Nel frattempo si sono susseguite interlocuzioni continue tra Regioni e Ispra, con la prima proposta di perimetrazione arrivata nel 2020. Da lì, una lunga serie di controproposte.
La svolta è arrivata nell’ottobre 2024, con la sentenza del Tar Lazio che – accogliendo un ricorso di Italia Nostra – ha imposto al Ministero di delimitare l’area e adottare le misure di salvaguardia entro 180 giorni, quindi entro lo scorso 22 aprile. Da allora, il lavoro è proseguito con incontri serrati, osservazioni dei Comuni e approfondimenti su perimetrazione e zonizzazione.
Il Molise, a dire il vero, aveva già svolto con celerità i suoi adempimenti sotto l’assessorato di Nicola Cavaliere. Più lenta invece la Campania, dove si sono registrati alcuni ritardi. Almeno fino a quando non è stato istituito un tavolo tecnico e istituzionale composto dai vari rappresentanti provinciali, oltre che dai delegati delle rispettive regioni. Per il Molise, hanno partecipato il consigliere delegato Roberto Di Baggio, il funzionario regionale Fausto Ricci e i rappresentanti dei Comuni di Bojano, Campochiaro, Sant’Agapito e Longano: Gianni Marro, Simona Valente, Liberato Matticoli e Cristian Sellecchia.
Il Parco, ad ogni modo, è ora suddiviso in tre zone, ognuna con diversi gradi di tutela e antropizzazione. La zona 1, quella di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico, agricolo e/o storico culturale, con inesistente o minimo grado di antropizzazione; la zona 2, con limitato grado di antropizzazione e la zona 3 con elevato grado di antropizzazione.
Il decreto ministeriale prevede inoltre l’istituzione di un Comitato di gestione provvisoria, che sarà nominato entro 30 giorni e guiderà questa prima fase, in attesa della definizione della sede, della governance e del Piano del Parco. Per quest’ultimo, però, è probabile che passeranno ancora diversi anni.
Negli ultimi mesi, il dibattito pubblico sul Parco si era fatto particolarmente acceso. Se da una parte una folta schiera di associazioni e stakeholder ha accolto con entusiasmo la svolta, dall’altra parte non sono mancate voci critiche – in prima linea quelle del Comitato Matese Libero e del Comitato Allevatori e agricoltori del territorio, per il versante molisano – preoccupate per le limitazioni che potrebbero ricadere sulle attività economiche tradizionali. Timori che riguardano anche l’incertezza sulle future regole definitive e sul ruolo che i territori avranno nella gestione del Parco. Nonostante il decreto parli esplicitamente di sviluppo sostenibile e partecipazione, restano infatti aperte le sfide legate all’equilibrio tra tutela ambientale e bisogni locali.
Quel che è certo, però, è che il Matese ha il suo Parco nazionale. E questo – al di là delle differenti vedute – rappresenta un passaggio epocale per una delle aree certamente più straordinarie del Mezzogiorno.
Infine, appare utile rilevare che l’istituzione si deve ad un emendamento che, come accennato, porta la firma dell’allora senatore molisano Roberto Ruta. Non passa inoltre inosservata la tiepida reazione alla notizia delle firma del decreto del centrodestra e delle amministrazioni locali.
ppm