Non tornerà a Riccia, almeno per ora, la salma della giudice Francesca Ercolini. Dopo la seconda autopsia eseguita presso l’Istituto di Medicina legale del Policlinico Umberto I di Roma, il corpo della magistrata resterà in una cella frigorifera dell’ateneo capitolino fino alla fine dell’estate. Una permanenza necessaria per consentire al collegio peritale, guidato dal professor Vittorio Fineschi, di concludere gli accertamenti disposti dal gip del Tribunale dell’Aquila.
La richiesta ufficiale di 90 giorni per completare le indagini istologiche, di laboratorio e microscopiche è arrivata direttamente dagli esperti incaricati, che hanno già eseguito la nuova autopsia e la Tac post mortem. Si tratta di esami non svolti nella prima fase investigativa e ritenuti oggi imprescindibili per chiarire – se possibile – le reali cause della morte della giudice, ritrovata senza vita il 26 dicembre 2022 nella sua abitazione di Pesaro.
Sebbene l’incarico affidato a Fineschi e al suo team sia esclusivamente tecnico, nell’ambito dell’incidente probatorio richiesto dalla Procura dell’Aquila, il contesto investigativo in cui si inserisce è ben più complesso e delicato. Le indagini, inizialmente archiviate come suicidio, sono state riaperte a seguito di una corposa consulenza medico-legale depositata dalla famiglia Ercolini, nella quale emergerebbero incongruenze rilevanti rispetto alla prima ricostruzione.
Le nuove verifiche hanno portato anche alla riesumazione della salma, eseguita nel mese di giugno nel cimitero di Riccia, paese d’origine della magistrata, e al trasferimento del corpo a Roma. Un momento profondamente doloroso per la madre della giudice, Carmela Fusco, che da quasi tre anni chiede verità sulla morte della figlia. «Non vogliamo puntare il dito contro nessuno – ha sempre sostenuto la donna per il tramite del suo legale – ma riteniamo doveroso che ogni dettaglio venga chiarito fino in fondo»
La Procura dell’Aquila intende accertare la presenza di eventuali lesioni sul corpo della magistrata e stabilire, qualora ve ne fossero, la loro natura e origine. Parallelamente, è stata disposta la ricostruzione forense della scena del decesso da parte dei Carabinieri del Ris, nell’appartamento di viale Zara a Pesaro, dove Francesca fu trovata morta.
Al momento sono sei le persone indagate: tra loro figurano il marito della giudice, l’avvocato Lorenzo Ruggeri, il medico legale che eseguì la prima autopsia e quattro funzionari delle forze dell’ordine. Le ipotesi di reato – ancora tutte da verificare – spaziano dal depistaggio alla falsità ideologica fino alla violazione del segreto istruttorio.
In un primo momento, la magistratura aveva archiviato il caso come suicidio. Ma già allora, nell’ambito familiare, si indagava anche per maltrattamenti e istigazione al suicidio. Un’ipotesi che, per la madre della giudice, non poteva essere liquidata con una semplice archiviazione. Ed è stato proprio il rigetto dell’istanza di archiviazione da parte del gip a imprimere una svolta al caso.
Quella di Francesca Ercolini era una figura stimata nel mondo della magistratura: presidente della Seconda sezione civile del Tribunale di Ancona, apprezzata per rigore e competenza, ricordata dai colleghi come donna determinata e madre amorevole. La sua morte ha lasciato una scia di dolore e domande ancora senza risposta.
Ora che il pool di esperti è al lavoro, non resta che attendere. A fine settembre, forse, le nuove analisi forniranno elementi più definiti. Fino ad allora, il corpo di Francesca resterà a Roma, in attesa che la scienza e la giustizia possano finalmente restituire una verità oltre ogni ragionevole dubbio. E con essa, un po’ di pace.

ppm

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