«Il terremoto ha segnato la mia intera vita. Tutti noi sopravvissuti abbiamo avuto un’infanzia difficile. A distanza di vent’anni posso dire che è vero che ha colpito la mia esistenza sotto tantissimi punti di vista ma mi ha anche dato la forza e il coraggio. Costantemente. Io mi sveglio con il sorriso perché penso: se sono riuscita a superare qualcosa di così grande tutto quello che mi accade quotidianamente è una sciocchezza a confronto».
Sono queste parole di Veronica D’Ascenzo ad asciugare le lacrime e calmare il dolore, tornato prepotente in chiunque abbia assistito alla proiezione del docufilm prodotto dalla Tgr Rai del Molise insieme a Rai Teche “Core de mamma”, per quella che la stampa nazionale definì “la strage dei bambini”. Veronica il 31 ottobre 2002 aveva sette anni, restò per otto ore sotto le macerie della Jovine che cedette per il crollo della sopraelevata realizzata da poco tempo, non collaudata e costruita su un edificio già fragile. Tutto questo si è saputo dopo, nel processo per omicidio e disastro colposi. Dopo la morte di 27 piccoli alunni, dai sei ai dieci anni, e di una loro maestra.
San Giuliano di Puglia 2002 – 2022, a distanza di vent’anni la direzione e la redazione della testata giornalistica regionale della Rai hanno voluto offrire un tributo alle vittime e a chi ce l’ha fatta, come Veronica: laureata in Scienze della formazione primaria con una tesi sui bambini con danno traumatico da stress, è una maestra, insegna a Roma e divulga nella scuole l’importanza della sicurezza e della prevenzione. «Porto la mia testimonianza, le mie ferite in giro per l’Italia affinché un evento del genere non avvenga mai più». Il suo dialogo col caporedattore Antonio Lupo è stato fra i momenti più toccanti di una iniziativa che ha visto anche il contributo del prof di scienze delle costruzioni Carlo Callari, dell’attuale sindaco di San Giuliano Giuseppe Ferrante, del governatore Donato Toma.
«Insegnavo all’Istituto ‘Pilla’ dove ho lavorato per 33 anni. Sentimmo anche noi forte la scossa – le parole del presidente della Regione visibilmente commosso – I ragazzi uscirono ordinatamente e ci riunimmo nel luogo di ritrovo come da piano di evacuazione. Nei giorni successivi meditammo insieme sull’importanza di un’Italia fondata su scuole sicure. Quella immane tragedia ha cambiato la percezione collettiva della sicurezza nei luoghi pubblici e privati». La ricostruzione è completata, ma le strade – ha poi aggiunto nella sua riflessione – «sono rimaste quelle di allora. Negli anni non ci sono stati interventi, invece bisogna fare in modo che il problema si risolva come istituzioni, a qualsiasi livello. Lo stesso vale per il villaggio provvisorio che è oggetto di un contratto istituzionale di sviluppo ma non ci sono ancora i presupposti per indirizzarlo alla nuova destinazione voluta dal Comune di San Giuliano ovvero una scuola di Protezione civile. Rispetto alla tragedia di venti anni fa – ha concluso Toma – dobbiamo mettere ancora in atto una serie di azioni. L’impegno dovrà essere grande e di tutti».
“Core de mamma” è una frase che identifica il Molise, genuina descrizione in un dialetto gentile dell’amore per i figli, che non sono un pezzo ma tutto il cuore di ogni madre. È anche il lamento straziante di una donna, consegnato alla collega Laura Calfapietra che chiedeva: dove vi sistemate per la notte? Era la notte più nera di San Giuliano di Puglia e del Molise. «Ci arrangiamo…», rispondeva lei. Sfollata, senza più casa. Ma quei bambini sepolti, «core de mamma…», lei continuava a ripetere.
Il crollo della Jovine strappò via il cuore a un’intera comunità. E segnò in maniera indelebile chiunque prestò soccorso o si trovò sulla scena di quella immane tragedia, da volontario o per lavoro. Nel docufilm le testimonianze, fra gli altri di Giovanni Lanese, capo squadra dei vigili del fuoco di Campobasso, del suo comandante provinciale di allora Pietro Fratangelo e di Lorenzo Pinto, tecnico di produzione Rai. «Io e un collega di Pescara siamo entrati nella palestra diventata obitorio e lì ho capito cos’era il dolore – racconta quest’ultimo sopraffatto dalla commozione – Quella scena io me la sto portando dentro da sempre».
rita iacobucci

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