Metterci la faccia, è quello che ha fatto, con la propria testimonianza, la signora Elisa Mascia, che da San Giuliano di Puglia, località che di certo sa cosa sia la sofferenza, anche comunitaria, non soltanto personale, rilancia l’azione di sostegno a favore del reparto di Radioterapia del Gemelli Molise a Campobasso. Non è un fattore scontato, affatto, quello di proporsi senza nascondersi dietro l’anonimato, per fornire il proprio contributo a una causa che si ritiene nobile. Elisa lo fa, raccontando la sua storia. «Da quando è iniziata a diffondersi la notizia della sospensione – chiusura del reparto di Radioterapia del Gemelli di Campobasso il mio primo pensiero è stato di dare un piccolo contributo affinché ciò non avvenga. Per motivi caratteriali e anche per il fatto che divulgare una “malattia” da combattere in prima linea assieme ai medici non ho sentito proprio la necessità di parlarne neanche con amici e amiche che piuttosto di alleviare l’animo, spesso, lo amareggiano facendo domande e dandosi talvolta anche risposte con parole inappropriate che fanno stare ancora più preoccupata e non alleggeriscono la mente. Nel ringraziare, in primis, gli stimati Dottori che hanno eseguito la chirurgia al Cardarelli di Campobasso e aver eseguito tutti i controlli di routine anche presso l’ospedale San Timoteo di Termoli dove, in entrambi, ho trovato accoglienza e professionalità nel farmi sentire una persona non una malata e questa condizione è essenziale per chiunque stia vivendo un’esperienza nuova e di grande importanza per la propria vita.
Il successivo step per i malati oncologici che hanno subìto un intervento chirurgico è quello salvavita delle 25 Radioterapie che nel Molise, Regione che in tanti si ostinano a pubblicizzare che non esiste, si possono eseguire soltanto al Presidio Ospedaliero del Gemelli.
Racconto la mia esperienza soltanto per un atto libero e spontaneo dettato dalla mia innata generosità nei confronti degli altri e dall’elevato valore della fratellanza e della solidarietà profuso nel mio impegno quotidiano. Fin dal ricevimento della prima telefonata, dall’infermeria del reparto di Radioterapia che mi invitava a recarmi lì per la preliminare raccolta dati inerenti alla mia salute, ho percepito una serenità e una predisposizione all’accoglienza di chi, come me, era ignara del nuovo percorso da intraprendere e pertanto, tra i perché e chissà in cosa consiste, di normale “ preoccupazione” ma che subito si è dissolta per dare posto a una grande fiducia instaurata tra me, paziente, e il medico Radioterapista Oncologo Paolo Bonome che, oltre alle sue competenze, ha avuto la capacità di mettermi a mio agio, sappiamo bene che ciò è fondamentale e purtroppo è anche risaputo che non si riscontra anche se è auspicabile poiché contribuisce automaticamente ad ottenere eccellenti risultati.
Tanti dettagli messi insieme che concorrono all’eccellenza e al funzionamento sul territorio del reparto gestito dal Prof. Francesco Deodato e dalla responsabile Gabriella Macchia, da tecnici e infermieri che prima di prestare il servizio salvavita, con competenza e professionalità, ai malati oncologici “mettono a proprio agio” rassicurando e mettendo a conoscenza con ogni spiegazione e attenzione chi è chiamato ad affrontare per 25 giorni tante difficoltà e fatiche nel raggiungere il luogo dove ha posto le sue speranze e aspettative di guarire. Io, che le ho vissute giorno dopo giorno a combattere anche contro le intemperie e la maggiore pericolosità delle strade con pioggia battente e lastre di ghiaccio e neve, percorrendo 130 chilometri andata e ritorno, coinvolgendo mio marito e mio figlio che certamente lo hanno fatto volentieri per il mio bene ma hanno dovuto lasciare il posto di lavoro e impegni vari per essere puntuali ad accompagnarmi alle radioterapie. Quello che è impensabile è che nessuno più, in futuro, possa usufruire di questa cura salvavita per i malati oncologici che verrebbero penalizzati ulteriormente con disagi che si moltiplicherebbero aggiungendosi ai descritti in precedenza. È doveroso per ogni cittadino, ricordare: – che sotto il cielo siamo tutti vulnerabili, – per chiunque abbia vissuto sulla propria pelle, non esitare a offrire il proprio contributo per salvare dalla chiusura il reparto di Radioterapia del Gemelli».

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