Il 9 maggio è una data che porta con sé un profondo significato storico e morale per l’Italia. È il Giorno della Memoria, dedicato a chi ha perso la vita a causa del terrorismo e delle stragi che hanno segnato il nostro paese, in particolare negli anni di piombo.
Ogni anno, questa ricorrenza diventa un momento per riflettere su quanto accaduto e sul valore imprescindibile della democrazia, della giustizia e della libertà. È un impegno collettivo: ricordare serve a costruire un futuro in cui la violenza e l’intolleranza non trovino spazio. Alla cerimonia ufficiale di Montecitorio, ieri mattina, hanno partecipato le più alte cariche dello Stato: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i presidenti di Camera e Senato Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ad altre figure istituzionali, come il vice premier Antonio Tajani e i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Un segnale forte, che dimostra quanto sia importante mantenere vivo il ricordo di queste vittime. Tra i momenti più toccanti c’è stato il ricordo di Giulio Rivera, agente di Polizia della scorta di Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978. I suoi pronipoti, Emma Rivera e Alessio Notarelli, hanno preso parte alla commemorazione, testimonianza di un legame tra passato e presente, tra chi ha vissuto quei drammatici eventi e le nuove generazioni che devono custodire e trasmettere la memoria. Ricordare significa non solo rendere omaggio a chi non c’è più, ma anche educare le generazioni
future affinché simili tragedie non si ripetano. La memoria non è solo un esercizio storico: è una responsabilità collettiva. Troppe volte il terrorismo ha tentato di spezzare l’identità democratica del paese, colpendo uomini e donne che servivano lo Stato o difendevano i suoi ideali. Non possiamo permettere che il loro sacrificio venga dimenticato.
In questa giornata, il Giorno della Memoria diventa quindi un monito e un impegno: continuare a difendere la libertà, la giustizia e la dignità di ogni cittadino, nel nome di chi ha pagato il prezzo più alto per questi valori. Questa commemorazione è una voce che dice forte e chiaro: mai più.
A diffondere ieri un messaggio anche il presidente della Giunta regionale del Molise, Francesco Roberti: «Il 9 maggio 1978 l’Italia visse uno dei momenti più bui della sua storia repubblicana. Fu ritrovato, dopo 55 giorni di prigionia, il corpo esanime di Aldo Moro, segnando una ferita profonda nella coscienza civile del Paese. In quel periodo, il Molise e la comunità di Guglionesi piansero la scomparsa dell’agente di Polizia di Stato, Giulio Rivera, componente della scorta di Aldo Moro, ucciso durante il rapimento dello statista. Giulio Rivera, insieme agli altri colleghi della scorta, rappresentarono quella generazione dei giovani dell’epoca, che avevano posto le proprie speranze e il proprio futuro nella loro opera di servizio al Paese. A 47 anni di distanza, il nome di Aldo Moro resta simbolo di una politica alta, fondata sull’ascolto, sul dialogo e sulla responsabilità. Statista di rara intelligenza e sensibilità, Moro fu capace di immaginare un’Italia più coesa, in cui le differenze non fossero motivo di scontro ma occasione di confronto, sempre nel rispetto della persona e dei principi costituzionali.
Nel ricordarlo, non celebriamo solo il leader politico, ma l’uomo che seppe anteporre il bene comune agli interessi di parte, con una visione della democrazia come costruzione paziente e condivisa. La memoria di Aldo Moro non appartiene solo al passato. È un’eredità viva, che ci sollecita ogni giorno a custodire con coerenza i valori della Repubblica. Come rappresentanti delle istituzioni, sentiamo il dovere di tradurre quegli insegnamenti in impegno concreto, responsabile, lungimirante».