Personale medico e infermieristico ridotto all’osso, che si occupa di gestire due pronto soccorso. E che si occupa dell’area grigia, delle necessità che possono emergere in casi di pazienti positivi. Insomma, dodici mesi di una guerra che ancora non si vince ma i soldati, ora, sono davvero con le forze al lumicino. E, con grande senso di responsabilità, raccontano quello che accade dentro le corsie dell’ospedale Veneziale, l’immane lavoro quotidiano, la forza di non cedere nemmeno di fronte alla stanchezza con la consapevolezza che le energie non sono infinite. È un grido di dolore quello che arriva dal personale del Pronto Soccorso di Isernia, che cristallizza la situazione del nosocomio che serve l’intera provincia e non solo. È la gestione dei pazienti Covid quella che adesso rischia di generare effetti a catena davvero complicati. La situazione, fino ad oggi, non ha fatto registrare ‘disastri’ in termini di cluster ospedalieri. «Abbiamo creato zone filtro (area Covid ed area grigia) che hanno funzionato – scrive in una nota chiara e senza fraitendimenti il personale del Ps del Veneziale – almeno fino ad ora, nell’evitare che si determinasse un inquinamento dell’ospedale. Non abbiamo avuto cluster significativi all’interno della struttura ospedaliera ma solo sporadici casi che hanno superato le barriere create, subito individuati e circoscritti». Tutto è bene quel che finisce bene ma di qui a dichiarare vinta la guerra, ce ne vuole. E loro, gli eroi delle corsie, lo sanno fin troppo bene. «Si hanno segnali che ci avviamo verso una terza ondata pandemica – sottolineano -, la struttura di riferimento di Campobasso è intasata e non riesce più ad accettare tutti i pazienti Covid. Per questo motivo siamo stati costretti a riattivare la nostra area dove non dovremmo avere pazienti degenti ma solo sospetti Covid che, una volta individuati come tali, devono essere trasferiti nel centro di riferimento. Tuttavia, vista la situazione attuale, siamo costretti a trattenerli nei nostri locali. Ciò implica che del personale deve essere distaccato in quell’area e sottratto alla normale assistenza del Pronto Soccorso. Tra l’altro il Dea di primo livello di Campobasso è completamente defunzionalizzato per il Covid per cui abbiamo sempre più difficoltà nella gestione di molti pazienti. In questo periodo è difficile reperire personale medico per le scellerate politiche attuate a livello nazionale negli ultimi anni. Ma lo è ancora di più nel Molise visto il degrado del nostro sistema sanitario regionale». In numeri, quelli che contano in questi casi, la situazione è la seguente: il personale infermieristico è passato dalle 22 unità del 2016 alle 18 attuali; il personale medico è passato dalle 11 unità del 2016 alle 6 attuali. Di queste unità due hanno 65 e 67 anni di età, una terza unità va in pensione il 31 maggio e deve ancora recuperare più di 100 giorni di ferie arretrate e di orario prestato in eccesso. «In queste condizioni – prosegue la lettera firmata da tutti – dobbiamo tenere aperti due pronto soccorso, Isernia ed Agnone. Per fare ciò si deve ricorrere a prestazioni aggiuntive che vengono svolte in massima parte da dirigenti medici del 118 e di altri reparti. La gestione è estremamente precaria in queste condizioni . Non possiamo usufruire delle ore che dovremmo dedicare all’aggiornamento professionale ed è difficile usufruire anche dei periodi di ferie di cui sentiamo un notevole bisogno. Se qualcuno si ammala e necessita di congedi straordinari, il sistema va in tilt. In queste condizioni non si potrà assicurare il servizio per ancora molto tempo».

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