Si muovono i livelli nazionali delle organizzazioni sindacali dei chimici dopo l’annuncio dei 126 esuberi fatto dalla direzione dello stabilimento Vibac a Termoli, sul totale delle 142 persone iscritto a libro matricola. Una fabbrica storica nel nucleo industriale di Termoli, che produce nastro adesivo. I segretari nazionali di Filctem-Cgil Fumarola, Femca-Cisl Zoli e Uiltec-Uil, Sin, hanno inviato al management e alla proprietà dell’azienda la richiesta di esame congiunto, ai sensi della legge 223/91. «Relativamente all’oggetto e sulla base della vostra comunicazione del 27 febbraio, di avvio della procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge 223/91 per l’unità produttiva di Termoli, le scriventi organizzazioni sindacali nazionali, unitariamente alle strutture territoriali ed alla Rsu di stabilimento, sono a chiedere un incontro, coerentemente con quanto stabilito dalle norme in essere». Ma le reazioni e gli umori in casa degli operai non sono certo dei migliori, specie dopo una lunga fase di cassa integrazione. La moglie di un lavoratore si è sfogata così: «Ecco, ci risiamo, l’ennesima coltellata al cuore, non solo di chi ha prestato il proprio lavoro al cospetto di questa azienda, ma la coltellata più dolorosa è inflitta nei cuori dei figli dei suoi operai. Nel corso degli anni lavorativi ogni uomo, padre, ha fatto dei progetti per la propria vita e per quella della famiglia costruita con amore e sacrificio ed ora proprio quei progetti si sgretolano come un castello di sabbia perché quel padre è costretto a dire di no al figlio sul quale aveva puntato una vita migliore nello studio nello sport nei viaggi. Si parla tanto di pace, ci sgomentiamo se poco distante da noi si combattono guerra, se vediamo dei naufraghi di gente che disperata cerca una meta migliore per vivere ci mortifichiamo quando poi a rimetterci sono proprio gli innocenti si quei bambini che non sanno com’è difficile essere adulto soprattutto se quell’auto non ha un cuore e che per i propri interessi è cieco davanti a tali situazioni… Non credo che un cuore possa essere così di pietra e indifferente alle tante difficoltà di quei 126 licenziati che non sono nemmeno più giovani da potersi ricollocare nel mondo del lavoro facilmente… ci si pone la domanda ma psicologicamente come può sentirsi? Mi auguro che queste parole giungano non ambisco al cuore ma all’orecchio di chi magari vuole fare qualcosa per sedersi a tavolino e fare un passo difronte all’altro perché sappiamo che i periodi sono difficili anche per chi deve portare avanti un’azienda che subisce costi esorbitanti e chiedere con modestia ed umiltà da una parte di cedere e sacrificarsi, perché l’azienda possa affrontare la produzione non gravata dai tanti costi e l’azienda possa continuare garantire un tetto un piatto e un minimo di sogni alle famiglie dei propri operai!»

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