La scomparsa di Emanuela Orlandi, quindicenne romana di cui si sono perse le tracce nel giugno del 1983, rappresenta uno dei misteri più oscuri e complessi della storia recente d’Italia. La vicenda, che ha catalizzato l’attenzione mediatica e sollevato questioni di enorme rilevanza politica e sociale, è stata al centro di un importante incontro che si è svolto ieri a Venafro, presso la storica Palazzina Liberty. La conferenza, organizzata dalla Commissione regionale per la parità e le pari opportunità del Molise, ha visto protagonista Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che ha condiviso con il pubblico una testimonianza intensa, umana e coraggiosa. Tra i presenti, spiccava una folta rappresentanza di giovani studenti dell’Istituto “Giordano”, che ha seguito con attenzione e partecipazione l’intero evento.
Pietro Orlandi, per quasi tre ore, ha catturato l’attenzione del pubblico, raccontando con lucidità e passione i dettagli della vicenda di sua sorella e riflettendo sul peso della verità, della giustizia e del silenzio che da quarant’anni circonda il caso. La platea, composta da studenti, insegnanti e cittadini, ha dimostrato grande interesse e ha posto numerose domande, arricchendo un dialogo che si è rivelato non solo informativo, ma anche profondamente emozionante.
Gli studenti del “Giordano” si sono distinti per la qualità delle loro domande, che hanno spaziato dagli aspetti più personali della vicenda alla lotta per la verità portata avanti da Pietro. «Sono lieto di vedere tanto interesse da parte vostra – ha detto Pietro Orlandi –. Questo mi dà speranza e mi ricorda quanto sia importante continuare a parlare di Emanuela e di tutte le storie simili alla sua, che purtroppo non hanno avuto la possibilità di essere ascoltate».
Nel suo intervento di apertura, il sindaco Alfredo Ricci ha sottolineato l’importanza di coinvolgere le scuole in iniziative come questa: «Accolgo con piacere il fatto che le scuole siano state coinvolte in questa occasione, che mira a sviluppare nei giovani un giudizio critico. La storia di Emanuela ci lascia con due sole certezze: è scomparsa e la verità non è ancora emersa. È fondamentale che le nuove generazioni comprendano la complessità dei fatti e si impegnino nella ricerca della verità, sia essa storica, sociale o umana. Ringrazio insegnanti e studenti per l’impegno dimostrato. È grazie a loro che possiamo continuare a porci domande e sperare che, prima o poi, la verità emerga».
Il sindaco ha inoltre ribadito come eventi di questa portata offrano l’opportunità di rafforzare il senso critico dei giovani, futuri cittadini, e di aiutarli a sviluppare la capacità di riflettere sulla realtà che li circonda.
La presidente della Commissione regionale per la parità e le pari opportunità, Giusi Di Lalla, ha espresso la sua gratitudine a Pietro Orlandi, definendo la sua testimonianza un vero atto di coraggio: «Abbiamo il dovere di rompere il silenzio che continua a spezzare vite. La vicenda di Emanuela è un simbolo di quanto sia importante parlare, denunciare e agire contro ogni forma di violenza. La tua storia ci ricorda che il coraggio di cercare la verità non deve mai venire meno, anche quando sembra che nessuno voglia ascoltare».
Di Lalla ha poi evidenziato come la lotta per la verità non riguardi solo il passato, ma anche il futuro, invitando i giovani presenti a non smettere mai di interrogarsi e a mantenere vivo il desiderio di giustizia.
Pietro Orlandi ha raccontato con grande partecipazione emotiva i primi momenti della scomparsa di Emanuela, descrivendo il dolore e la confusione che la sua famiglia ha dovuto affrontare. «La mia famiglia viveva in Vaticano dal 1920 – ha spiegato -. Mio nonno si occupava dei cavalli, mio padre aveva un ruolo che richiedeva la sua presenza 24 ore su 24. Eravamo una comunità unita, felice, e io stesso ero convinto che quel luogo fosse il posto più sicuro del mondo. Poi è arrivato quel giorno, e tutto è cambiato».
Orlandi ha ricordato il senso di impotenza e il peso dell’indifferenza istituzionale: «Non conoscevo il male fino a quel giorno. La mia famiglia credeva che chiunque volesse aiutarci lo avrebbe fatto, compreso il Papa, che sei mesi dopo ci promise di fare tutto il possibile per riportare Emanuela a casa. Ma quella promessa è rimasta inevasa».
Orlandi ha rivelato alcuni dettagli emersi solo di recente, come la telefonata dei rapitori al Vaticano la sera stessa della scomparsa: «Il Papa era stato avvisato, e quella notizia avrebbe dovuto avere una rilevanza enorme. Eppure scelse di tacere. Permise che il silenzio e l’omertà avvolgessero questa storia, anteponendo l’immagine del Vaticano alla vita di mia sorella. È una scelta che non posso accettare».
Ha inoltre parlato del peso psicologico di quegli anni: «Cercavo Emanuela in ogni angolo, con il timore costante di trovarla morta. Vagavo in motorino, sperando di vederla da qualche parte, ma con la paura che quel giorno sarebbe stato il peggiore della mia vita. Quei minuti di attesa erano interminabili».
Alla domanda su come la vicenda abbia influenzato il suo rapporto con la Chiesa, Pietro ha risposto con sincerità: «Non attacco la fede né i credenti, ma non posso accettare il comportamento di uno Stato che ha scelto il silenzio e l’omertà. Ho perso fiducia in una parte di quella che consideravo la mia famiglia. Mi hanno voltato le spalle, dicendomi: “Ancora con questa storia di tua sorella? Non ti basta che ti abbiamo dato un lavoro?”. Questo mi ha fatto capire quanto sia importante mantenere un equilibrio e continuare a parlare».
Orlandi ha poi sottolineato come il suo impegno per la verità rappresenti un modo per onorare la memoria di Emanuela e di tutte le persone che, come lei, sono scomparse senza lasciare traccia.
L’incontro si è concluso con un appello sentito agli studenti: «Non rinunciate mai al vostro diritto di verità e giustizia. Il silenzio è il vero nemico. Continuate a porvi domande, a cercare risposte, a lottare per ciò che è giusto. La verità, anche se scomoda, è sempre un valore irrinunciabile».
La conferenza a Venafro è stata un momento di riflessione e di ispirazione, che ha lasciato un segno profondo nei presenti. La storia di Emanuela Orlandi, pur nella sua tragicità, è diventata un simbolo di resistenza e di impegno civile, ricordando a tutti che il coraggio di cercare la verità è il primo passo per costruire una società più giusta.
Marco Fusco
Foto di Gennaro Casolaro