Anna Minchella è colpevole della morte di Celestino Valentino. 30 anni di carcere per omicidio volontario aggravato e furto aggravato (collegato all’appropriazione degli schizzettoni utilizzati poi per avvelenare la vittima). L’infermiera originaria del Casertano è stata quindi condannata in primo grado, con rito abbreviato, per la morte di Celestino Valentino, 77enne di Pratella che si trovava ricoverato presso l’ospedale Ss Rosario di Venafro quando – era il 22 giugno 2016 – Anna Minchella gli iniettò a forza in gola dell’acido cloridico. Il pensionato, infermo nel letto dell’ospedale, morì tra atroci sofferenze dopo una settimana.
La Gup Arlen Picano ha accolto praticamente tutte le istanze dell’accusa e delle parti civili che, però, avevano chiesto l’ergastolo. Quattro ore di discussione, con la requisitoria del procuratore capo Carlo Fucci e del pm Marco Gaeta nonché le arringhe degli avvocati. Poi tre ore di camera di consiglio prima della lettura del dispositivo, arrivata alle 16,30.
Alla 49enne infermiera sono state addebitate le aggravanti per l’uso di sostanze venefiche (veleno), per aver perpetrato la propria condotta nei confronti di una persona indifesa e per aver agito con crudeltà.
La Gup ha inoltre applicato le pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e della sospensione della potestà genitoriale nonché la pubblicazione dell’estratto della sentenza come forma di risarcimento morale. L’imputata, che si trova dall’estate 2017 rinchiusa nel carcere femminile di Benevento, dovrà pure indennizzare i familiari della vittima con una provvisionale – da pagare subito – quantificata in 450mila euro complessivi (100mila euro per le figlie e 150mila euro per la moglie di Celestino Valentino). La difesa ha provato a sollevare dubbi circa la responsabilità della propria assistita ma evidentemente le prove raccolte dagli investigatori – i Carabinieri della Compagnia di Venafro e del Nucleo investigativo di Isernia – hanno convinto la Gup Picano a condannare la donna che era stata sospesa dall’ordine degli infermieri a seguito dell’arresto giunto, ricordiamo, ad un anno dalla morte del povero 77enne. Ad incastrare la Minchella anche le telecamere di Acqua e Sapone, negozio presso cui l’infermiera si recò ad acquistare proprio la sostanza – acido cloridrico – riconosciuta poi responsabile della morte dell’uomo. Gli avvocati della difesa hanno tentato di far valere le testimonianze – ritenute però poco attendibili per via dell’età e delle condizioni dei soggetti – del compagno di stanza di Celestino Valentino e della donna che si trovava ricoverata nella stanza adiacente che non avevano riconosciuto con certezza l’infermiera quel giorno.
Tuttavia, altri infermieri e altro personale sanitario quel giorno vide Anna Minchella aggirarsi per l’ospedale pur non essendo di turno. Le motivazioni tra 90 giorni chiariranno tutti gli aspetti della sentenza che, con ogni probabilità, riconoscerà quale movente dell’omicidio volontario aggravato il sentimento di vendetta covato dall’allora 46enne nei confronti della collega Rosa, figlia del povero Celestino Valentino, la quale godendo del beneficio previsto dalla legge 104 aveva scampato il trasferimento presso l’ospedale di Isernia. Sorte che era quindi toccata alla Minchella che, secondo l’accusa, per questo motivo aveva deciso di eliminare il pensionato facendo così decadere i requisiti per l’ottenimento della legge 104.
La difesa nella richiesta di rito abbreviato aveva chiesto ed ottenuto la perizia psichiatrica. Esame che ha certificato come l’infermiera fosse pienamente capace di intendere e di volere e quindi di affrontare un regolare processo che, ieri, si è è chiuso con la condanna a 30 anni in primo grado. La difesa ricorrerà in Appello perché convinta che manchi la “pistola fumante”. Ma le immagini catturate dalla videosorveglianza di Acqua e Sapone e le testimonianze del personale ospedaliero al momento sono state ritenute sufficienti per una condanna. Il caso ebbe grande eco mediatica a livello nazionale per via sia della incredibile ipotesi di movente che per le modalità di consumazione del delitto che hanno, in effetti, consigliato la Gup di addebitare anche l’aggravanet della crudeltà.

Le figlie della vittima in lacrime: «In Italia esiste ancora la giustizia»

Le figlie della vittima, Rosa e Annamaria, raggiunte da Primo Piano Molise in lacrime hanno confessato di aver avuto alcuni timori e di aver nutrito dubbi alla vigilia della sentenza. Alla fine però il pianto liberatorio: «Nel nostro Paese ci sono tante leggi che vanno a ‘favore’ di chi commette reati. Esiste il garantismo. Quindi eravamo un pò preoccupate per il processo, invece possiamo dire che in Italia esiste ancora la giustizia».
Rosa, in particolare, ha dovuto sopportare per vari mesi dopo l’omicidio del padre Celestino di lavorare gomito a gomito con la principale indiziata presso il Ss Rosario.
Ieri pomeriggio, dopo aver assistito a tutta la discussione a porte chiuse, strette tra loro, con la madre e con gli avvocati di parte civile, hanno vissuto come una liberazione la pronuncia di condanna per Anna Minchella.
La moglie pure si è sfogata: «Abbiamo avuto giustizia anche se non si può tornare indietro…» si è lasciata scappare al termine della lettura del dispositivo di sentenza.

La difesa annuncia appello, il legale Moscardino: per noi decisione ingiusta

Non può essere soddisfatta la difesa di Anna Minchella, tuttavia l’aver evitato l’ergastolo sembra lasciare aperta una porticina in vista dell’Appello che il pool di legali ha già annunciato. Marciano Moscardino e il fratello Aldo nell’arringa finale avevano chiesto l’assoluzione per l’imputata.
«Lo sforzo della difesa è stato quello di evidenziare al giudice dei fatti per noi importanti, e soprattutto insinuare nel giudice il tarlo del dubbio – ha commentato l’avvocato Marciano Moscardino -. Noi nutriamo ancora dei dubbi sulla responsabilità penale della Minchella. Il Gup invece ha ritenuto di no e ha condannato alla pena di 30 anni e non all’ergastolo – ha sottolineato il legale – come richiesto dalla pubblica e privata accusa».
Dunque, Moscardino ha proseguito facendo sapere che «non esprimiamo soddisfazione per un processo che è stato pervaso dal dolore. Dolore per tutti: difensori, parti civili, familiari delle vittime. Adesso aspettiamo le motivazioni, il Gup si è riservato 90 giorni, e poi secondo noi ci sono validi motivi per ricorrere in Appello… Proporremo ricorso non soltanto in base alle motivazione del giudice ma anche su altri aspetti che abbiamo evidenziato nel corso di una faticosa udienza preliminare. Udienza che però è stata connotata da estrema cordialità, estrema intelligenza, estrema educazione… Tutti abbiamo discusso con intelligenza. Nonostante tutto, infatti, è stato un processo connotato dalla serenità». Sia come sia, Moscardino ha evidenziato come «a nostro parere è una sentenza ingiusta, e la impugneremo…».

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