Un faldone pesantissimo. Sono oltre 60mila le pagine dell’inchiesta della Dda di Campobasso che vede indagati 47 soggetti (45 persone fisiche e due società) per reati che, contestati a vario titolo, vanno dall’estorsione al traffico illecito di rifiuti, dalla corruzione allo sfruttamento della manodopera straniera.
Tra gli altri, è accusato di corruzione il governatore Francesco Roberti, iscritto sul registro degli indagati insieme a sua moglie. Secondo la ricostruzione del procuratore Nicola D’Angelo e del sostituto Vittorio Gallucci, l’ipotesi di reato si sarebbe concretizzata attraverso incarichi allo studio di cui Roberti era socio e assunzioni alla consorte in cambio di agevolazioni nei permessi chiesti da Energia Pulita (una delle due società sotto inchiesta).
«60mila pagine sono tantissime e la posizione di Roberti è presente in una sola contestazione su un numero elevatissimo di contestazioni. Stiamo studiando le carte ma – ha detto ieri sera a Conto alla Rovescia, su Teleregione, l’avvocato Mariano Prencipe che difende il governatore insieme al collega Michele Marone – capite bene che è complicato e richiede tempo rintracciare gli elementi relativi alla posizione del presidente in questa mole di documenti. Eventualmente chiederemo una proroga alla Procura, non è prevista dal punto di vista normativo ma qualche volta è stata data proprio per l’enorme mole di documentazione».
Prencipe ha poi confermato una prima impressione, che cioè Roberti possa essere finito nel mirino degli inquirenti per le millanterie di altre persone. «Una situazione che potrebbe coinvolgere qualsiasi persona che ha visibilità e ruolo pubblico. Ma voglio leggere meglio le carte».
Ospite di Pasquale Damiani anche Massimo Romano, consigliere regionale di Costruire democrazia. Che ha evidenziato come al momento, con il solo avviso di conclusione delle indagini, non sia possibile né corretto fare proiezioni o critiche nel merito della vicenda. «Da uomo delle istituzioni – ha aggiunto – mi auguro che si possa chiarire tutto nel più breve tempo possibile. Certo, quel che abbiamo stigmatizzato, e confermo, è che il governatore ha comunicato di essere indagato solo dopo l’anticipazione di Repubblica e poi abbiamo scoperto che però questa comunicazione era stata fatta alla maggioranza. Andava fatta ai cittadini, anche perché essere indagato non significa essere colpevole. Concordo anche sulla necessità di precisare che a Roberti non viene contestata l’associazione a delinquere di stampo mafioso (ad altri indagati sì, ndr). Resta complessivamente l’allarme sociale perché il quadro disegnato dalla Dda dimostra che il territorio molisano è permeabile».