Da accusatori ad accusati. Un completo capovolgimento di fronte che merita di essere seguito, ha detto la direttrice di Telemolise Manuela Petescia nella conferenza stampa tenuta con i legali Paolo Lanese e Massimo Romano che, insieme all’avvocato Nicolino Cristofaro assente per impegni di lavoro, hanno difeso lei e il magistrato Fabio Papa nei processi sul presunto ricatto all’allora governatore Paolo Frattura. Processi, di primo e secondo grado, che hanno del tutto scagionato la giornalista e il pm. Ora sul banco degli imputati ci sono Frattura e l’avvocato Salvatore Di Pardo, per i quali la procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di calunnia continuata in concorso. Sono accusati di avere, prima con una denuncia presentata alla fine del 2014 e poi con dichiarazioni «non vere o reticenti» rese ai carabinieri, al pm e alla Corte d’Appello di Bari, incolpato il magistrato Fabio Papa e la giornalista Manuela Petescia dei reati di concussione e estorsione «pur sapendoli innocenti» essendo emersa nel corso e all’esito dei giudizi la piena insussistenza delle accuse.
I fatti si riferiscono al periodo che va dalla fine del 2015 alle dichiarazioni rese in Corte di Appello e fino alla conclusione del processo di appello celebrato a Bari, conclusione avvenuta il 10 marzo del 2021.
Nei processi, la presidenza del Consiglio dei ministri e la Regione si costituirono parte civile. Petescia ha detto di aspettarsi ora le scuse: della Regione, del Pd, di Palazzo Chigi e dell’allora premier Renzi. Ha sottolineato soprattutto «il clima di silenzio, indifferenza e ignavia nei confronti del dramma umano e professionale di chi, come il sostituto procuratore, si è visto mettere in discussione come magistrato». A fine novembre, dopo essere stato trasferito da Campobasso e spostato alle funzioni giudicanti civili, in seguito alla seconda assoluzione piena Papa è stato reintegrato come pubblico ministero nel capoluogo di regione. «Dove stanno le voci di protesta e di indignazione per un uomo ricoperto di fango, trasferito per sette anni in mezza Italia e ridotto in polvere non certo da un errore giudiziario, che può capitare, bensì da una menzogna concordata da due notabili compari», ha detto la direttrice di Telemolise.
La base delle accuse di calunnia è rappresentata dalle motivazioni della sentenza di appello, in cui si parla di menzogne e di amnesie e giustificazioni di comodo e di pervicace e immotivata mutazione del vero. Frattura e Di Pardo accusarono Papa e Petescia di aver cercato di ricattare l’allora governaore, su cui il magistrato stava indagando per la Biocom. «Evidentemente gli stessi pm nel corso del giudizio di appello si sono resi conto della falsità di quelle accuse, accuse crollate, adesso bisognerà capire il perché della originaria denuncia», ha aggiunto l’avvocato Lanese, spiegando che verrà sollecitata la costituzione, anche adesso, di Palazzo Chigi e Regione come parte civile.
Romano ha commentato: «Il dato che registriamo è che sentenza della Corte d’Appello di Bari ha accertato l’assoluto rigore e la correttezza con cui Papa ha agito nell’indagine Biocom e in quella sull’ex questore Pozzo. La sentenza assolutoria ha ripristinato la verità dei fatti e sgombrato il campo da ombre nella condotta del magistrato». Per l’avvocato la Corte ha già tracciato «un movente negli inconfessati interessi che hanno mosso le accuse. Mistificazioni della realtà. Perché lo abbiano fatto è argomento che merita di essere approfondito in tutte le sedi».


























